Star male
Da qualche settimana porto in giro un monologo che si intitola A cosa servono i russi, lo leggo anche stasera al circolo dei lettori di Torino.
Per uno che, come me, scrive, rispondere a questa domanda è molto semplice.
La letteratura russa mi sembra ce lo dica continuamente, a cosa serve, a noi che scriviamo.
Nella Morte di Ivan Il’ič di Tolstoj, per esempio, Ivan Il’ič a un certo punto arreda l’appartamento che ha comperato, e ci mette «tutto quello che si trova di solito nelle case di quelli che non sono proprio ricchi ma che vogliono assomigliare a dei ricchi e finiscono così per assomigliarsi tra loro: damaschi, ebani, fiori, tappeti e bronzi, tutto scuro e brillante»; nell’appartamento d Ivan Il’ič «c’era tutto quello che le persone di un certo ceto trovano per assomigliare a tutte le persone di un certo ceto. E da lui assomigliava talmente, che era come se non si vedesse niente, ma a lui questo sembrava, in un certo senso, un tratto distintivo».
Ci son dei libri che son scritti così bene, in italiano italiano, damaschi ebani fiori tappeti e bronzi, che è come se non si vedesse niente, e sembra che Tolstoj, scrivendo quel pezzo lì, ci dica «Stai attento». Ma Tolstoj e i suoi colleghi non parlano solo a quelli che, come me, hanno il vizio di scrivere.
[Domani, sul Fatto quotidiano, dovrebbe uscire un pezzetto sul tema: A cosa servono i russi (il monologo sui russi lo leggo domani sera, ho scritto stasera perché il pezzetto dovrebbe uscire domani)]