Se non è zuppa è pan bagnato
L’alterco tra il capitano e il maggiore stava pian piano crescendo d’intensità.
«Lei non ne ha alcun diritto», gridava infuriato il capitano. «Quell’uomo [il bravo soldato Švejk] verrà impiccato sulla base di una precisa sentenza del tribunale militare».
«Verrà impiccato senza alcuna sentenza», aveva sibilato con stizza il maggiore Wolf.
Švejk, che camminava lì davanti a loro e aveva udito tutt’intera quella interessante conversazione, si limitò a dire ai suoi accompagnatori: «Se non è zuppa, è pan bagnato. Una volta, all’osteria Na Zavadilce, nel quartiere di Libeň, si stava giusto discutendo tra noi sul fatto se un certo cappellaio Vašák, che ogni volta che c’era qualche festicciola ci tirava sempre qualche brutto tiro, noi dovevamo buttarlo fuori subito come arrivava sulla porta, o magari dovevamo aspettare fino a che non si prendeva una birra, se la pagava e se la beveva, oppure se non dovevamo invece togliergli semplicemente le scarpe dopo che si è fatto il suo primo giro di danza. L’oste, dal canto suo, proponeva di buttarlo fuori a metà festa, dopo che aveva già qualche consumazione alle spalle, per cui a quel punto lui avrebbe dovuto pagare e se ne sarebbe dovuto andare via subito. E lo sapete, voi, cosa non riuscì a combinarci quella canaglia? Non venne. Eh, che ve ne pare?
[Jaroslav Hašek, Le vicende del bravo soldato Švejk, cit., p. 893-894]