Romanzature

giovedì 3 Aprile 2014

de cataldo, il combattente

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella quarta di copertina del libro di Giancarlo De Cataldo Il combattente (Come si diventa Pertini), appena pubblicato da Rizzoli, c’è scritto: «Soldato. Partigiano. Giustiziere. Padre della patria. Presidente. Pertini è stato tante cose. Anche un eroe. E a volte gli eroi compiono scelte difficili, cose che potrebbero sembrare tremende. Ma dovevo raccontarle, come scrittore e come padre. GDC».
In un articolo del 1929, intitolato Più vicini al fatto, il critico russo Osip Brik racconta che un giornalista, ricordando un suo incontro con Lenin, aveva scritto che a un certo punto, Lenin, mentre stava lavorando, si era allontanato per fumare una sigaretta, e poi aveva scritto che Lenin amava molto i suoi parenti e che sulla sua scrivania teneva i ritratti delle sorelle. Qualche giorno dopo Mar’ja Il’inična, sorella di Lenin, aveva scritto una lettera dove diceva che era impossibile che Lenin si fosse allontanato per fumare perché non aveva mai fumato, e che sulla sua scrivania non c’era nessun ritratto. «Il giornalista – commenta Brik – non aveva veramente mentito; aveva dato forma artistica ai suoi ricordi. Aveva pensato che sarebbe stato di grande effetto se Lenin si fosse allontanato per fumare, che l’adattamento letterario lo richiedeva e che la conseguenza naturale del suo amore per la famiglia dovesse essere la presenza dei ritratti delle sorelle sul tavolo da lavoro».
Una delle prime scene del libro di De Cataldo ritrae, per così dire, un gruppo di «pretori d’assalto» che vanno alla camera dei deputati (un «santuario inaccessibile») per incontrare Pertini, che all’epoca era presidente della camera; De Cataldo si immagina le «scalinate marmoree», i «corridoi bui», il «clima di tensione» del «sontuoso palazzo» e racconta di Pertini che porta i «pretori d’assalto» nel «locale lavanderia», «si chiude la porta alle spalle e finalmente si rilassa. Accende la pipa, allarga le braccia. “Ora possiamo parlare, – dice. – Il palazzo è pieno di microspie. La democrazia è a rischio. Ci sono voci di colpo di Stato. Qui stiamo al sicuro. Ditemi pure”».
In un’altra quarta di copertina, scritta da Fruttero & Lucentini  per il libro Il segreto di Joe Gould, dell’americano Joseph Mitchell, si dice che «Il libro è un piccolo capolavoro di quell’arte (non c’è altra parola)  così americana che consiste nel trattare la non-fiction, biografia, storia, cronaca, con tale sensibilità e intensità narrativa da renderla indistinguibile dalla fiction, pur restando i fatti scrupolosamente documentati e privi di qualsiasi orrenda romanzatura». Ecco, nel libro di De Cataldo su Pertini, invece, che è un libro dove se ci sono dei santuari, sono inacessibili, se ci sono dei pretori, sono d’assalto, se ci sono delle scalinate, sono marmoree, se ci sono dei corridoi, sono bui, se c’è un clima, è di tensione, se ci sono dei palazzi, sono sontuosi, se ci sono dei locali, sono lavanderia, se ci sono delle multinazionali, sono americane, se ci sono degli industriali, sono del nordest, se ci sono dei servizi, sono deviati, se c’è un’idea, è la più pallida, se c’è un romanzo, è controverso, se c’è una miniserie, è televisiva e se c’è una pioggia, è torrenziale, l’impressione è che domini la romanzatura, anche nel tentativo di scovare quelle «scelte difficili, cose che potrebbero sembrare tremende», che De Cataldo avrebbe dovuto raccontare «come scrittore e come padre».
Questa cosa terribile, si scopre a pagina 97, è il progetto, al quale Pertini ha fatto, a un certo punto, «un pensierino», di attentare alla vita di Mussolini. Che, come «cosa che potrebbe sembrare tremenda», e come cosa che si deve raccontare «come scrittore e come padre», è un po’ deludente, secondo me.
Ma, al di là degli episodi, la romanzatura, nel libro di De Cataldo, si trova soprattutto nelle parole. Spesso, per esempio, De Cataldo chiama il protagonista del suo libro Sandro, che è una cosa che rimanda a una vicinanza e a una confidenza che mi hanno, devo confessare, un po’ infastidito, e mi hanno infastidito soprattutto per via del fatto che il motivo, mi sembra, dell’uso di questo Sandro, è di evitare la ripetizione del cognome Pertini. Allo stesso modo, a pagina 85, per esempio, un «libro» diventa, due righe sotto, una «copia», e, tre righe sotto, un «volume», e in un modo simile, mi sembra, nei dialoghi che ci sono tra pagina 22 e pagina 24 non succede, come succede per strada,  che uno dice qualcosa, e poi un altro dice un’altra cosa, e un altro ancora dice poi un’altra cosa; i personaggi, nel libro di De Cataldo, non dicono: «propongono, sorridono, insistono, intervengono, buttano lì, replicano, chiudono, provocano». E a me viene in mente un pezzetto di Aldo Buzzi, che si trova in un libro che si chiama La lattuga di Boston, dove Buzzi dice che a quelli che scrivono «il pallone», e poi, due righe sotto, per non ripetere «il pallone» scrivono «la sfera di cuoio», ecco lui, a quelli lì, gli darebbe l’ergastolo.

[uscito ieri su Libero]