Rocco
Quando ho cominciato a vedere il calcio, l’allenatore italiano più famoso era forse Nereo Rocco. Di lui qualche anno fa, ho in un romanzo che si chiama Gli scarti ho scritto così:
«Nereo Rocco in origine era un bambino di Trieste che era figlio di un macellaio. Suo babbo, di Nereo Rocco, aveva fatto tanti di quei soldi con la macelleria che voleva che il figlio assumesse dei modi signorili, adatti al tenore sociale che la famiglia Rocco aveva acquisito grazie ai proventi delle vendite di carni equine bovine ovine suine. Gli aveva imposto di prendere lezioni di piano, a Nereo, e sognava per lui un futuro da concertista. Solo Nereo, nonostante le velleità di suo babbo, aveva fisicamente proprio la conformazione del macellaio, con delle dita che sembravano dei culatelli non riusciva a schiacciare un tasto alla volta, ne prendeva due o tre. Poi a lui gli piaceva giocare a pallone a dispetto della volontà paterna, come si dice, si diede al football.
Il football, prima della comparsa di Rocco, era uno sport per gentiluomini tutti impettiti vestiti di bianco molto rigidi nei movimenti molto eleganti molto sportivi. Dopo è arrivato Nereo Rocco. Nereo Rocco, con il suo Padova, lui ha inventato il catenaccio, undici in difesa e via di contropiede. Era una squadra che li chiamavano i manzi, una squadra che giocarci contro ti veniva una rabbia, raccontano quelli che son capitati a Padova in quegli anni lì. Raccontano anche che ai suoi difensori lui gli diceva, Nereo, Tutto quello che si muove sull’erba, colpitelo. Se poi è il pallone, diceva, pazienza».
Era un calcio che funzionava, quello di Rocco, nella stagione 1957/58 arriva terzo in serie.
Ecco. Il calcio del Parma è tutto diverso, penso mentre sto andando a vedere la sfida tra il Parma, sedicesimo in classifica in serie B, e il Cosenza che è in testa alla classifica.
[Domani, su https://t.me/esisteunaltrasquadra la non cronaca di Parma Cosenza (l’immagine viene dal sito del Padova Calcio)]