Ripeto

venerdì 16 Agosto 2013

manuale di conversazione, campanile

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Purtroppo, ci sono i teppisti del telefono, che guastano ogni cosa. E io ho sempre tenuto a non essere scambiato per uno di costoro. Spesso avevo la pazienza di stare ore e ore al telefono, a chiamare tutta la città, per dire a ognuno: «Sapete, io sono un teppista del telefono». Pensate che mi credessero? I “Mascalzone!” all’altro capo del filo non si contavano.
Perciò, ripeto, ditemi tutto, ma non teppista del telefono; ditemi piuttosto ingenuo, ditemi illuso, ditemi sognatore, studioso, ammiratore appassionato dei grandi, sentimentale. E se è delitto essere queste cose, condannatemi. Ma condannatemi come sentimentale, non come teppista del telefono.
Ho detto queste cose ai giudici, ma non sono stato creduto. Mi hanno condannato lo stesso. Le ripeto adesso, quando poche ore soltanto mi separano dal momento dell’esecuzione. Fra poco dovrò rendere conto delle mie azioni davanti a un ben più alto giudice. Che ragione avrei di mentire, almeno con gli uomini? Non aspetto la grazia. Potete credermi, dunque.

Appena ebbi finito di leggere il manoscritto, corsi dal direttore delle carceri. Inutile aggiungere che, mercé questo documento, riuscii a ottenere la grazia per il condannato. Egli, debbo riconoscerlo, mi è rimasto molto grato. Ha per me un grande affetto, una devozione sconfinata. Ma ha paura che lo mandi al diavolo, se si mostra troppo attaccato. Perciò spesso mi chiama al telefono e, senza palesarsi, sta a sentire la mia voce.
Certe volte gli viene la nostalgia di riudire la voce del suo salvatore nel cuore della notte. Mi chiama, mi sveglia, mi costringe a rispondere al telefono. Non dice mai che è lui. Tace. Ma io lo indovino. D’altronde, che volete farci? È un sentimentale.

[Achille Campanile, Manuale di conversazione, Milano, Rizzoli 2012, pp. 236-237]