Reggio Emilia AV

domenica 30 Luglio 2017

Quando, dalla Verità, mi hanno chiesto di fare una serie di articoli sulle stazioni ferroviarie, ho detto di sì perché a me le stazioni ferroviarie piacciono molto. Quando voglio vedere della gente correre, vado in una stazione. Quando voglio vedere della gente baciarsi, vado in una stazione. Quando voglio vedere della gente scuotere la testa e lamentarsi, vado in una stazione. Quando voglio vedere della gente telefonare, mangiar dei panini, bere dei caffè, perdersi, chiedere informazioni, cercarsi nelle tasche, accendersi una sigaretta, leggere il giornale, soffiarsi il naso, sgridare dei bambini vado in una stazione e, quando poi ci sono, succedono tante di quelle cose che faccio fatica a prenderne nota, e questi articoli sulle stazioni ferroviarie ho pensato di cominciarli dalla stazione a Alta velocità di Reggio Emilia, che avevo visto quando la stavano costruendo ma non c’ero mai stato, allora ci sono andato e, mi dispiace, non c’era nessuno. Forse per via che era luglio, o forse il tipo di stazione che è, che è un tipo strano.
Se uno va sul sito di Trenitalia e prova a comperare un biglietto per la stazione a alta velocità Mediopadana, che si chiama Reggio Emilia AV, se parte da Bologna, mettiamo, alle 7 del mattino, trova che c’è un treno che parte alle 7 arriva alle 9 e 08, ci mette due ore e otto minuti (a fare 62 chilometri), un altro parte alle 7 e 05 arriva alle 8 e 51, un’ora e quarantasei minuti (sempre per 62 chilometri), uno che parte alle 7 e 31 arriva alle 7 e 50 (19 minuti), uno che parte alle 7 e 52, arriva alle 9 e 55 (due ore e tre minuti).
Per i treni che ci mettono più tempo, la maggioranza, bisogna fermarsi alla stazione di Reggio Emilia normale e aspettare un trenino, piuttosto raro, che ti porta alla stazione Mediopadana, dove poi, se vuoi poi venire via, e tornare a Bologna, o aspetti un altro trenino, piuttosto raro, che ti porta a Reggio Emilia normale e poi prendi un treno normale per Bologna, o aspetti un treno a alta velocità (che ci mette la metà del tempo e costa il triplo) che ti porta direttamente a Bologna, o ti fai venire a prendere in macchina, che è forse la soluzione migliore.
Qualche tempo fa, sulla pagina dedicata alla stazione a Alta velocita nel sito del comune di Reggio Emilia c’era scritto che, nella stazione, si trovava anche un comodo parcheggio di biciclette, quindi, se non piove, e se non c’è molto caldo, e se non si hanno delle valigie pesanti, si possono fare i quattro chilometri che dividono la stazione dalla città di Reggio Emilia comodamente in bicicletta, quattro chilometri all’andata, quattro chilometri al ritorno, io però ho preferito andarci in treno, anche perché da Casalecchio di Reno, dove abito io, di chilometri in bicicletta ne avrei dovuti fare una settantina a andare e una settantina a tornare, non era una soluzione tanto praticabile, mi sembra.
Certo che una stazione che fai fatica a arrivarci e fai fatica a venirne via è una stazione strana, come stazione: «Perché l’han fatta qui?», ti viene da chiederti e io, devo dire, credo di saperlo, perché l’han fatta qui, ma ne parliamo dopo.

Intanto va forse detto la stazione l’ha progettata un architetto spagnolo che si chiama Santiago Calatrava che ha fatto anche diverse altre cose, e la prima cosa che ho visto quando sono sceso dal treno, è la scala, della stazione Mediopadana, che mi ha ricordato il ponte che Calatrava ha fatto a Venezia che era un ponte che era fatto in un modo che aveva due caratteristiche, che la gente che ci montava sopra i primi tempi scivolava e si faceva male spesso e che , a vederlo da fuori, a me ricordava la scala mobile che collegava il parcheggio dell’Esselunga Santaviola, a Bologna, all’Esselunga Santaviola, a Bologna.
Quando l’avevano costruito, quel ponte lì, a Venezia, qualche anno fa, un comico italiano che si chiama Beppe Grillo aveva detto che lui era molto contento della costruzione di questo ponte che collegava la stazione Santa Lucia, che è la principale stazione di Venezia, con piazzale Roma, che è il posto dove c’è il principale parcheggio automobilistico di Venezia, perché, se uno arrivava in treno, era normale che gli venisse da dire “Andiamo a vedere chi è che è arrivato in macchina” e, se uno arrivava in macchina, era naturale che gli venisse da dire “Andiamo a vedere chi è che è arrivato in treno”, utilissimo, proprio, diceva Beppe Grillo, questo ponte di Calatrava dove la gente, spesso, ci montava sopra, scivolava, si faceva anche male.
A me, nel 2007, quando la stazione era ancora in costruzione, il comune di Reggio Emilia aveva affidato l’incarico di scrivere un pezzo sull’opera di Calatrava da pubblicare in un libro fotografico celebrativo dell’opera stessa. Io avevo fatto presente che non avevo una scrittura molto celebrativa e che, alla fine, magari, mi sarei fatto un’idea non del tutto positiva, dell’opera di Calatrava che loro volevano celebrare, loro mi avevano detto che la mia scrittura andava benissimo e di scrivere tranquillamente senza problemi. Allora io avevo letto, avevo guardato dei dvd, avevo interrogato delle persone, avevo studiato, avevo sentito Calatrava che diceva, di sé, di essere un filantropo; avevo visto un signore con un loden verde che era entrato nell’ufficio che c’era, in centro, a Reggio Emilia, con il modellino della stazione, e chiedeva «Questa sarebbe la stazione, il progetto?», «Sì», gli rispondevano, «Eeeee, – diceva lui, – che roba»; avevo visto il compito di un bambino di una quinta elementare di una scuola di Reggio Emilia che c’era scritto «L’alta velocità è amica della libertà»; avevo letto un’intervista del New York Times a Luigi Maramotti, il proprietario di Max Mara, che diceva che Calatrava, a Reggio Emilia l’aveva chiamato lui, che era stato lui a chiedergli di fare i lavori per la stazione Mediopadana.
Che, è strano, se uno vuole andare a Reggio Emilia, la stazione Mediopadana è un po’ scomoda, ma se vuole andare nello stabilimento della Max Mara, è proprio lì di fianco, sembra fatto apposta.
Questo, avevo scritto nel testo che avevo poi dato al comune di Reggio Emilia, e il giorno dopo che gliel’avevo mandato mi aveva chiamato quella che mi aveva affidato il lavoro mi aveva detto «C’è un problema». «Che problema?», le avevo chiesto io. «Politicamente non è pubblicabile», mi aveva detto lei. «Arrivederci», le avevo detto io, e avevo messo giù, avevo fatto il numero di un editore, gli avevo detto «Ascolta, ho una cosa politicamente non pubblicabile». «Benissimo», mi aveva detto lui, «la pubblichiamo».
E dopo niente, quel giorno di luglio del 2017 che ci son poi andato, nella stazione Mediopadana, non c’era nessuno, era tutto chiuso, la tabaccheria, chiusa, aveva un vetro rotto con un cartello che diceva «Pericolo vetri, tenersi a distanza»; l’unica soddisfazione, avevo cercato il parcheggio delle bici alla fine l’avevo trovato c’erano undici bici, quattro da donna, sette da uomo

[Uscito ieri sulla Verità]