Questo pubblico attuale

martedì 13 Dicembre 2016

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Ma cosa si può dire di questo pubblico attuale, con tutte le sue esigenze e i suoi desideri? La prima cosa che si può dire a riguardo è che si tratta di un raggruppamento di persone, cosa che ci costringe a presumere che, in un prossimo futuro, saranno tutte morte. Anche solo per questo motivo, non ha molto senso scrivere specificamente per questo pubblico. Ciò significa che, fosse anche solo per questo motivo, i modelli sociologici dominanti al giorno d’oggi sono insufficienti e implausibili. Questi modelli probabilmente descrivono bene l’atteggiamento fondamentale di qualcuno che vuole, ad esempio, produrre pomodori e cetrioli per poi venderli, poiché queste merci sono ancor più deperibili dei loro consumatori. Anche i vestiti ormai sono diventati più deperibili delle persone. Scrivere libri o produrre opere d’arte significa invece contare fin dall’inizio sul fatto che si fabbricano prodotti in grado di sopravvivere ai loro consumatori attuali – e dunque si rivolgono necessariamente a lettori e osservatori sconosciuti, non ancora nati, i cui bisogni e desideri sono altrettanto sconosciuti. In fin dei conti, non si scrive per un lettore reale ma per un lettore utopico che non solo legge il libro con la massima attenzione e vi scopre tutto ciò che l’autore «voleva dire», e per di più scopre cose nel libro di cui l’autore non sapeva nulla, ma che anzitutto ama il libro. E amare il libro significa apprezzarlo più della realtà stessa. Che un tale lettore viva già oggi, che debba ancora nascere o che rimanga solo una figura ideale, alla fine è lo stesso. Perché si tratta unicamente di un’idea regolativa, ma questa è costitutiva del processo di scrittura e non può essere rimpiazzata da nessuna invocazione di un pubblico attuale.
Inoltre, questa figura del lettore è molto meno utopica di quanto si possa pensare. Quando ero giovane, ho conosciuto molti di questi lettori – ed ero anche uno di loro. All’epoca, negli anni Cinquanta e Sessanta, quando la vera natura del sistema stalinista divenne chiara a molti, si è cominciato a leggere libri proibiti, i cui autori, come ad esempio Mandelstam e Charms, non si sarebbero mai potuti aspettare di avere tali lettori se avessero scritto in modo realistico-pragmatico, cioè nello spirito di Bourdieu, e con l’obiettivo di accumulare capitale simbolico. Allora avevamo la sensazione che tutta la realtà intorno a noi fosse avvelenata. Ed è per questo motivo che non volevamo leggere nessuno che avesse respirato la stessa atmosfera avvelenata – a prescindere da cosa avesse scritto. Avevamo fiducia solo in quei libri che emanavano un’aria diversa. Gli autori di questi libri non erano particolarmente avanguardisti, non avevano infranto nessun tabù, né fatto niente di simile. Era stata molto più avanguardistica la potenza sovietica, che ha infranto molti tabù e la cui estetica era piuttosto provocante e scioccante. Questi autori, invece, nello scrivere i loro libri, rimasero stranamente insensibili ai desideri del pubblico della loro epoca. Grazie a esercizi respiratori misteriosi, che loro stessi probabilmente non conoscevano, potevano sopravvivere – almeno temporaneamente – senza inalare l’aria del loro tempo, vale a dire l’aria sovietica. È per questa ragione che abbiamo apprezzato molto di più i loro libri della realtà a noi circostante.  

[Boris Groys, Politica dell’immortalità. Arte e desiderio nel tardo capitalismo, traduzione di Eleonora Florio, Sesto San Giovanni, Mimesis 2016, pp. 22-23]