Questo piccolo grande amore
A casa mia c’è sempre stata una specie di censura.
I miei genitori non li ho mai visti farsi un’effusione.
Con noi figlie, in compenso, andavano alla grande i baci in fronte.
Qualsiasi altra forma di affettività veniva scansata come la rogna.
Se in tv, per esempio, c’era la scena di un bacio, mia mamma improvvisamente aveva sete, andava in cucina, e mio babbo, solo e perduto, di solito cambiava canale, diceva a me e a mia sorella: questa scena qua, a noi, non ci interessa, è vero bambine?
Di film, ricordo di aver visto tutto di fila, forse forse, solo il Maggiolino tutto matto.
Ed era così per i film, le canzoni e tutto quanto.
Un continuo.
Finché a mia sorella Lucia, che è più grande di me di cinque anni, gli è venuta la passione per Baglioni, e per sfinimento i miei le avevano regalato una cassetta con Questo piccolo grande amore.
Disastro.
La prima frase con la ‘sua maglietta fina’ e ‘tanto stretta’ che lui si immaginava tutto, poteva passare, ma dopo, dopo c’era qualcosa di terribile, diceva ‘e chiare sere d’estate, il mare i giochi le fate, e la paura e la voglia di essere nudi’. Insomma, una roba gravissima.
E almeno per me, che ero la piccola, si doveva intervenire.
C’è da dire che dopo un po’, nel testo, la stessa frase si ripete uguale, salvo che, al posto della parola ‘nudi’ c’è ‘soli’ e ‘l’essere soli’ era accettabile.
Tant’è che sostituendo ‘nudi’ con ‘soli’, anche i miei a volte canticchiavano per casa Questo piccolo grande amore.
Poi un giorno ho sentito dire da mio babbo la parola primogenita a proposito di mia sorella.
E mi ha dato fastidio, perché la primogenita, nientemeno, volevo essere io. E basta.
– Babbo ma anche io sono la primogenita? Gli ho chiesto e lui ha detto: no, te sei la secondogenita.
– Ma perché io non sono anch’io la primogenita?
E lì è intervenuta mia sorella: perché te sei nata per seconda, la prima sono io.
E a me questa cosa mi stava qui, volevo un primato, allora le ho detto che tanto io ero più brava di lei a cantare, e la sapevo anch’io Questo piccolo grande amore.
E allora abbiamo iniziato a cantarla insieme e a fare una gara.
E lì ho sentito per la prima volta la versione originale. E ho pensato: ma mia sorella? ma cosa va a dire, ‘e la paura e la voglia di essere nudi’? e l’ho corretta subito: va Lucy che dice ‘soli’. E lei mi ha detto che no, che diceva ‘nudi’.
– No no, dice ‘soli’, me l’ha detto la mamma.
– Allora vieni, ti metto la cassetta.
Ero sicura.
Ci son rimasta di un male, ma di un male.
E non smettevo più di dire: Lucy ma come nudi, ma da far che?
Non poteva essere.
E lei tutta contenta che aveva avuto ragione lei.
Mia mamma non ha potuto far nulla.
Cosa poi si sia inventata da raccontarmi non me lo ricordo ma – e ho vergogna a dirlo – in un certo senso son rimasta in quello sgomento là.
Che anche adesso, se devo usare la parola nudo uso il diminutivo, nudino, non so, mi fa meno impressione, perché nudo, buttato là così, insomma, esser nudi e basta, è davvero troppo dura.
[Di Elvira Antinozzi, per Qualcosa]