Questa nostra ricerca

domenica 25 Luglio 2010

gatscbu

Il fatto di leggere comporta sempre dei problemi. O uno non ha tempo, di leggere, con tutto quello che c’è da fare, oppure quando ha tempo, come d’estate, non sa cosa scegliere, con tutti i libri che ci sono nelle librerie, tutte le novità e tutti i classici che tutti i giorni aumentano, oltretutto. Ecco, c’è un mio amico, che si chiama Paolo Colagrande, che mi ha detto che lui ha un metodo per decidere se un libro vale la pena di leggerlo oppure no. Il metodo è questo: si prendono le prime parole del libro e le ultime, le si uniscono in una frase e se la frase che salta fuori è una frase di senso compiuto vuol dire che il libro un qualche valore ce l’ha. Allora io sono andato a vedere subito un libro che ho scritto io, che si chiama I malcontenti, l’ho aperto e ho letto: «Questa è una storia che son tutte balle». Che un senso compiuto ce l’ha ma non tanto incoraggiante, per un lettore, mi sembra. Dopo sono andato alla libreria Ambasciatori, di Bologna, e mi sono imbattuto in un raccoglitore con i libri della collana contromano della Laterza e ho preso in mano Tristissimi Giardini, di Vitaliano Trevisan, e ho letto «Chiedo scusa alla fine». Che anche lì, mi è sembrato che fosse la stessa cosa. Dopo sono andato al bancone delle novità e ho preso Acciaio, di Silvia Avallone, secondo al premio Strega di quest’anno, e ho letto: «Nel cerchio sfocato, combaciavano perfettamente». Dopo ho preso il libro che ha vinto, il premio Stega, Canale Mussolini, di Antonio Pennacchi, e ho letto: «Per la fame. Siamo venuti giù per fame. Se Dio ci dà salute. Amen». Dopo lì vicino c’era Luminosa tenebra, di Michael Gregorio, di Einaudi stile libero: «Tre di loro sono in grado di consumare un cavallo morto nella mia mente e nella mia anima?». Poi c’era La strage, di Loriano Machiavelli: «Il pomeriggio del 30 giugno 1980 arrivarono a Bologna profumo penetrante di fiori e di polvere da sparo». Le perfezioni provvisorie, di Gianrico Carofiglio: «Tutto cominciò con un’innocua telefonata a pedalare veloce sulla strada deserta». Lì vicino c’era un libro di Sellerio, di Marco Malvaldi, Il re dei giochi: «Il biliardo è per un po’…». Poi c’era Acqua in bocca, di Camilleri e Lucarelli (minmumfax): «Caro collega, un forte abbraccio, tuo Salvo». Poi c’era I terribili segreti di Maxwell Sim, di Jonhatan Coe (Feltrinelli): «Nella notte di giovedì, una pattuglia della polizia di Grampiam, perlustrando il tratto isolato dalla neve della A93 tra Braemar e Spittal of Glenshee, schioccò le dita così». Poi lì vicino c’era la ristampa dei Detective selvaggi, di Bolaño (Sellerio): «Sono stato cordialmente invitato alla finestra?».
La battuta perfetta, di Carlo D’Amicis (minimum fax), invece, suonava così: «Sulla collina che domina Matera, frana un’ultima, corale, definitiva risata». Il giorno prima della felicità di Erri De Luca (Feltrinelli), così: «Scoprii il nascondiglio perché stanotte passiamo l’equatore». I giorni nudi, di Claudio Piersanti (Feltrinelli anche quello), così: «Da qualche tempo Alberto era stato così felice». La mamma del sole, di Andrea Vitali (Garzanti): «Paura vera, era meglio sonnecchiare». Zeiton, di Dave Heggers (Einaudi stile libero): «Nelle notti senza luna, perché questa volta dovrebbe essere diverso?». Tre secondi, di Roslund & Hellström, (Einaudi stile libero): «Un’ora prima di mezzanotte o un’altra volta, da qualche altra parte». Beautiful malice, di Rebecca James (Einaudi stile libero): «Non ci sono andato al funerale di Alice. E so, senza alcun dubbio, di aver fatto la cosa giusta». Ecco. Questo, molto velocemente, un panorama di quel che offre il bancone delle novità. Se invece qualcuno è interessato ai classici, la cosa si può fare anche coi classici. Il rosso e il nero, di Stendhal, per esempio, fa così: «La cittadina di Verrière morì abbracciando i suoi figli». Le anime morte di Gogol’: «Dal portone di un albergo si fanno in disparte e le danno strada gli altri popoli e le altre nazioni». Il piacere, di D’Annunzio: «L’anno moriva, assai dolcemente, di gradino in gradino, fin dentro casa». Marcovaldo, di Calvino: «Il vento, venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti come questa pagina». Il barone rampante, sempre di Calvino: «Fu il 15 giugno del 1767 che il galoppo del cavallo si portò via il cognome». I dolori del giovane Werther, di Goethe: «Tutto quel che ho potuto scoprire, nessun prete lo accompagnò». Le ultime lettere di Jacopo Ortis, di Foscolo: «Il sacrificio della nostra patria fu sotterrato sul monte dei pini». Il vecchio e il mare, di Hemingway: «Era un vecchio che pescava i leoni». La ricerca del tempo perduto, di Proust, recentemente ripubblicato da Einaudi in un unico volume «Per molto tempo, mi sono coricato nel Tempo». I ragazzi terribili, di Jean Cocteau: «La cité Monthier si trova chiusa su un marciapiede che rimpicciolisce, che si allontana, che scompare». Robinson Crusoe, di Daniel Defoe: «Sono nato nell’anno 1632, darò relazione più dettagliata in seguito». I misteri di Parigi, di Eugène Sue: «Un tapis-franc, nel gergo dei ladri e degli assassini, è il giorno dei funerali di Fleur-de-Marie». La coscienza di Zeno, di Italo Svevo: «Io sono nei cieli priva di parassiti e di malattie». E, infine, Il grande Gatsby, di Francis Scott Fitzgerald: «Negli anni più vulnerabili della giovinezza, continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato». Ecco. Speriamo che questa nostra ricerca possa essere utile.

[Dovrebbe essere uscito stamattina su Libero]