Quello che per il torero è il corno del toro
Lo tormentava un problema, che non gli lasciava tranquilla la coscienza e gli impediva di scrivere: forse ciò che avviene nel campo letterario è senza valore se rimane “estetico”, anodino, esente da sanzioni, se non c’è nulla, nello scrivere un’opera, di equivalente a quello che per il torero è il corno aguzzo del toro (e qui ricorre una delle immagini più care all’autore). In realtà soltanto questo, per la minaccia materiale che rappresenta, conferisce un valore umano alla tauromachia, le impedisce d’essere unicamente grazie vane da ballerini. Mettere a nudo certe ossessioni di ordine sentimentale o sessuale, confessare pubblicamente certe deficienze o vigliaccherie che più gli fanno vergogna: questo fu per l’autore il mezzo per introdurre sia pur l’ombra di un corno di torno nell’opera letteraria, un mezzo di certo grossolano, che ora egli passa agli altri sperando di vederlo perfezionato.
[Michel Leiris, La letteratura considerata come tauromachia, in Età d’uomo, a cura di Andrea Zanzotto, Milano, SE 2003, p. 12]