Quelle scene inutili e ridondanti
Saul Karoo, il protagonista di Karoo, romanzo postumo di Steve Tesich appena uscito per Adelphi (traduzione di Milena Zemira Ciccimarra), di mestiere fa lo script doctor, cioè è uno che corregge le sceneggiature dei film venute male. «Il mio lavoro – scrive – consiste per lo più nel tagliare il superfluo e aggiungere battute spiritose». E ha l’impressione, Karoo, che il superfluo che taglia da quelle sceneggiature stia cominciando a vendicarsi di lui. «Ci sono sempre più segnali del fatto che la mia vita personale è composta al momento quasi esclusivamente da quelle scene inutili e ridondanti che con tanta abilità ho eliminato dai film e dalle sceneggiature altrui». Il libro è ambientato alla fine degli anni ottanta, mentre crollano i regimi dell’Europa orientale e mentre Saul Karoo sta provando a divorziare dalla moglie Dianah, dalla quale è separato ma «Evidentemente – dice – era più facile per i paesi dell’Est europeo rovesciare i loro regimi totalitari che non per me abbattere il mio matrimonio». «Non è tanto la convivenza con Dianah che mi manca, – scrive, – quanto avere una Dianah da cui separarmi per cinque giorni alla settimana. Una moglie come Dianah non soltanto rendeva la mia venuta al lavoro ogni mattina una questione di una certa urgenza, ma trasformava la mia presenza in ufficio in un piacevole, costante memento del fatto che non ero a casa. Da quando ho lasciato Dianah non ho più un motivo per stare qui. Ormai non è più un rifugio, è solo un ufficio».
Quando incontra Dianah la prima volta, all’inizio del romanzo, la scena superflua che si svolge tra i due è la seguente: «“Mi trovi ingrassato?” le chiesi, tastandomi la macchia sulla camicia e la pancia sotto la macchia. Lei indietreggiò e fece un sospiro. “Di certo, caro, un mostro adiposo come te ha manchevolezze più gravi su cui riflettere di qualche chilo in più”. Essere definito un «mostro» è una cosa. Ma essere definito un «mostro adiposo» fa male. “Dici sul serio? Pensi che stia ingrassando?” “Ti stai sfasciando, tesoro. Fisicamente, emotivamente, spiritualmente e psicologicamente”. “Be’, almeno intellettualmente pensi che io sia ancora…”. “Tu,” mi interruppe “tu sei come gli ultimi giorni dell’Impero ottomano”».
Un’altra scena superflua si svolge in un taxi. «”È vietato fumare”, disse l’autista. C’era una punta di fastidio nella sua voce, come se giù una volta mi avesse avvisato di non fumare. “Soffro d’asma”, aggiunse perentorio. Feci un ultimo, frettoloso tiro e spensi la sigaretta nel portacenere nuovo e lucente. A giudicare dal numero di tassisti che all’improvviso affermavano di soffrire d’asma o di qualche altro disturbo affine, c’era da supporre che le grosse compagnie di taxi assumessero per politica aziendale solo persone con difficoltà respiratorie. Persino gli autisti afghani e pachistani, che non spiccicavano una parola di inglese e non avevano idea di dove fosse il Lincoln Center, sapevano dire: “È vietato fumare. Soffro d’asma”».
Un giorno Karoo si trova a dover lavorare su un film che gli sembra bellissimo. Un film che racconta la storia di due persone rispettivamente impegnate, sposate con dei bambini, che improvvisamente, come succede, si innamorano. «Il semplice fatto di stare insieme, in una macchina, in un bar, in una stanza di motel, innalzava la potenza elettrica delle loro vite, li faceva ardere di una luce diversa. Il viso di lei mutava completamente, diventava più bella, quando era lui. Allo stesso modo, lui cambiava quando era con lei. Quando erano insieme nasceva una terza entità. Uno spirito. Lo spirito santo dell’amore». Dopo aver visto questo film, Karoo viene a trovarsi a Los Angeles, davanti alla casa di un’attrice che si chiama Leila, una donna con braccia così incantevoli «che sembravano due giovani figlie, una per lato».
«Le finestre erano spalancate e uno spiffero proveniente dall’interno gonfiò le tende bianche simili a garza, per poi contrarle di nuovo una volta calato il vento. Rimasi lì a guardare la casa di Leila inspirare ed espirare, a guardarla respirare come se fosse una creatura vivente immersa in sogni tranquilli, del tutto ignara della mia presenza e dei miei scopi».
L’edizione italiana di Karoo è poco più di 450 pagine: nei quattro giorni che ci ho messo a leggerlo, tutte le volte che tornavo a casa pensavo “Che meraviglia, adesso arrivo a casa continuo Karoo”.
[uscito domenica su Libero]