Prometeo

mercoledì 11 Febbraio 2009

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Mettiamo per esempio che ci sia una segreteria, non qui, nel regno terzonono, e che nella segreteria, mettiamo, ci sia un direttore di segreteria. Prego, guardarlo quando siede in mezzo ai suoi subordinati: sì, dalla paura, semplicemente, ammutolisci! Orgoglio e nobiltà, e che cos’altro non esprime quel suo volto? Prendi solo un pennello, e dipingi: Prometeo, un autentico Prometeo! Gira lo sguardo come un’aquila, si muove gradualmente, ritmicamente. Quella stessa aquila, basta che esca dalla stanza e si avvicini al gabinetto del suo superiore, una pernice che si affretta con delle carte sottobraccio, ti fa cader le braccia. In società e alle serate, se ci son tutti gradi bassi, Prometeo resta poi Prometeo, ma se sono un po’ più alti del suo, in Prometeo c’è una tale metamorfosi, che neanche Ovidio ne ha mai inventata una così; una mosca, meno persino di una mosca, si è ridotto a un granello di sabbia! “No, non è Ivan Petrovič, – dici, guardandolo, – Ivan Petrovič è più alto, questo è basso, e magro; quello parla ad alta voce, con voce di basso, e non ride mai, e questo, lo sa il diavolo, fischietta come un uccello e non fa altro che ridere”. Ti avvicini, guardi, è proprio Ivan Petrovič.

[Nikolaj Gogol’, Anime morte, parte prima, capitolo terzo]