Popoli e destini

giovedì 16 Giugno 2011

Dopo forse non capivo bene, ascoltavo intanto che traducevo Oblomov che non è il modo migliore, di ascoltare, ma avevo l’impressione che si dicesse, per radio, che c’era della gente, su facebook, su twitter, che avevano determinato il crollo del governo, non era ancora crollato ma sembrava che stesse crollando.
Il popolo di facebook, dicevano, il popolo di twitter, così come dicevano, qualche anno prima, il popolo dei fax.
Che era una cosa, era come se facebook, e twitter, e, qualche anno prima, i fax, fossero la causa della caduta del governo, governo che non era ancora caduto ma che probabilmente sarebbe caduto poco dopo, magari ancora qualche anno, come gli altri governi, del resto, che A pensarci, pensavo, così come il destino degli elastici è quello di perdere la loro elasticità, come scriveva uno scrittore emiliano, il destino dei governi è quello lì, di cadere.
Allora, siccome da quando ero piccolo io di governi ne eran caduti soquanti, come dicono a Parma, cioè diversi, e il crollo di un governo era sempre, o quasi sempre, stato determinato dal fatto che chi aveva avuto fiducia nella maggioranza politica che sosteneva quel governo quella fiducia lì poi gliela toglieva, mi sembrava strano, siccome all’epoca la maggioranza delle conversazioni si svolgevano al telefono, o al bar, mi sembrava strano, dicevo, che nessuno, all’epoca, quando io ero piccolo, avesse parlato del popolo del telefono, o del popolo dei bar.