Perché non lo faccio?

sabato 22 Febbraio 2020

Ora nel vostro libretto ho letto il Mastro di posta, e vi voglio dire, matočka, che capita di vivere e di non sapere che lì, accanto a te, c’è un libretto nel quale tutto la tua vita è esposta come sul palmo di una mano. E quello che prima a te era incomprensibile, adesso, appena comincia a leggere questo libretto, a poco a poco tutto ti viene in mente, e lo scopri, e lo decifri. e infine ecco ancora perché mi sono innamorato del vostro libretto: ci sono altre opere, qualsiasi esse siano, che per quanto tu le legga, per quanto ti ci impegni, sono scritte con una tale arguzia che è come se tu nemmeno lo capissi. Io, per empio, per mia natura, sono ottuso, di modo che non posso leggere opere troppo importanti; mentre questa la leggi, ed è come se l’avessi scritta tu steso, proprio come se, parlando grosso modo, tu avessi preso il tuo proprio cuore, così com’è, l’avessi rivoltato da una parte all’altra di fronte alla gente, e avessi descritto tutto nel dettaglio, ecco com’è! Sì, e la cosa è pure semplice, in nome di Dio; ma sì, davvero, anch’io l’avrei scritto così; e perché mai non lo faccio?

[Makar Devuškin, protagonista di Povera gente di Dostoevskij, scrive a Varen’ka Dobroselova come gli è sembrato uno dei Racconti di Belkin, di Puškin; in Fedor Dostoevskij, Povera gente, a cura di Serena Prina, Milano, Feltrinelli 2017, pp. 93-94]