Per dire le cose

martedì 12 Luglio 2011

E io per esempio delle volte faccio delle docce così, per cambiare le cose. Prima di andare a letto. Non le faccio tardissimo. Fino alle undici. Fino a pochi anni fa le facevo anche tardissimo. Dopo ho imparato che se fai una doccia tardissimo puoi dar fastidio ai vicini.
Una volta, abitavo da solo, mi ero iscritto per la seconda volta all’università, erano i primi mesi che andavo a lezione, non avevo fatto amicizia con nessuno, facevo una vita un po’ ritirata, non vedevo nessuno, di notte facevo la doccia, mettevo la sveglia, mi mettevo a leggere, a letto, e mi addormentavo, e mi svegliavo mi mettevo a studiare e quand’era ora andavo a lezione. Si stava bene. La gente mi guardava un po’ male. Ero già vecchio, avevo trentadue anni, cosa volevo, da loro? Non lo sapevo neanch’io.
Una volta, ero andato a letto che ero stanchissimo, presto, si vede, e quando mi ero svegliato, avevo acceso lo stereo, ascoltavo la musica, avevo messo su il caffè mi stavo per mettere a studiare avevo sentito che suonavano, al campanello di casa.
Avevo aperto, c’era la mia vicina, quella di sopra, scalza, con una camicia da notte con dei leprotti blu, disegnati, che mi guardava. Non aveva detto niente. Avevo alzato la mano come per dirle: Scusa. Avevo spento lo stereo, ero tornato alla porta, lei non c’era più. Avevo guardato l’orologio, eran le tre di notte. Era una casa popolare, era gente civile.
Era un periodo di crisi, sono poi belli i periodi di crisi.
Dopo, queste cose succedevano quindici anni fa, dopo sono andato ancora all’estero, a lavorare, se avessi potuto mi sarei ammazzato, invece ho dato le dimissioni son tornato a casa e mi son detto: Aspettiamo quindici giorni. Dopo è morta mia nonna, dalla pettinatrice. Dopo mi son messo a fare il lavoro di scrivere i libri, per dire le cose come son state.

[Per sempre ragazzo. Racconti e poesie a dieci anni dall’uccisione di Carlo Giuliani, Roma, Tropea 2011]