Ove recarsi

lunedì 10 Aprile 2017

Qualche anno fa, quando era appena uscito Limonov, il romanzo di Emmanuel Carrère che credo abbia avuto il maggiore successo, tra i suoi romanzi usciti in Italia, una scrittrice italiana, su twitter, aveva chiesto: «Conoscete qualche italiano che pratica l’autoficition?». Autofiction dovrebbe voler dire una cosa del tipo Fiction autobiografica, cioè la pratica di trarre dalla propria vita degli elementi da sviluppare in un contesto narrativo e io, all’epoca, avevo ancora un account di Twitter, avevo risposto a quella scrittrice: «Dante Alighieri».
Credo di aver letto tutti i libri di Carrère che sono stati pubblicati in Italia, a cominciare da Baffi, da Theoria nell’87, e da Bravura, da Marcos y Marcos nel ‘91, e, appena uscito, ho preso subito anche questo Propizio è avere ove recarsi credendo che, anche questo, fosse un romanzo pseudoautobiografico, come mi piace chiamarli, e invece mi sono accorto che è una raccolta di articoli e di prefazioni usciti, in Francia e in Italia, tra il 1990 e il 2014, articoli che però anche loro, messi in ordine cronologico, disegnano una specie di pseudobiografia e portano il riflesso dei lavori passati e futuri di Carrère. La prima cosa che mi ha colpito è stato il titolo, che in francese è Il est avantageux d’avoir où aller; se avessi dovuto tradurlo io, lo avrei tradotto È bene avere un posto dove andare, che mi sembra un bel titolo e abbastanza diverso dal titolo Adelphi: Propizio è avere ove recarsi. Ma come mai?, mi sono chiesto, e, per qualche ora, sono stato convinto che, all’Adelphi, avessero perso la testa. «Come si fa a tradurre “Il est avantageux d’avoir où aller” con “Propizio è avere ove recarsi”, son diventati matti?», mi sono chiesto fino a che una mia amica non mi ha fatto notare che il titolo del libro di Carrère è una delle sentenze dell’I Ching, il libro dei mutamenti cinese. Allora mi son detto che, probabilmente, il libro dei mutamenti cinese in italiano e il libro dei mutamenti cinese in francese son due libri completamente diversi.
Per quanto riguarda questo, dei libri, c’è da dire che Propizio è avere ove recarsi è un libro fatto di libri, cioè un libro dove Carrère racconta i libri che ha letto, e quelli che ha scritto, anche, a volte facendoti venir voglia di leggerli, a volte lasciandoti un po’ stupefatto come quando scrive un diario della sua rilettura di Balzac e, all’inizio, ci tiene a dire che lui, da ragazzo, non aveva neanche quindici anni, aveva letto tutto Balzac, una specie di ragazzo prodigio e, alla fine, quando, rileggendosi, si accorge di essersi contraddetto poche righe prima non dice, “Ma guarda che sciocchezze che ho scritto”, no: dà la colpa alla scrittura giornalistica («è la legge degli articoli giornalistici») e il merito a Balzac «È uno dei meriti di Balzac che di lui si possa dire tutto e il contrario di tutto» (la traduzione è di Francesco Bergamasco).
Ci sono, in Propizio è avere ove recarsi, nove articoli scritti per la rivista italiana Flair che nel 2004 aveva affidato a Carrère il ruolo di «inviato speciale nel cuore degli uomini»: nel primo di questi articoli si trova una frase di Montaigne («Che avrà mai fatto di male alla gente l’atto sessuale, tanto naturale, necessario e legittimo, perché nessuno si arrischi a parlarne senza provare vergogna…?») che a me sembra memorabile e poi alla fine c’è una nota che dice che l’ultimo pezzo, il nono, era venuto così male che aveva scoraggiato la rivista italiana dal continuare la collaborazione, e Carrère dice che forse era per quello che l’aveva scritto così male, perché non aveva più voglia di scrivere per Flair.
Insomma, in questo libro di Carrère, ha sempre ragione Carrère, anche quando ha torto, per esempio quando viene incaricato di intervistare Catherine Deneuve, incarico che lui accetta non perché gli interessi intervistare la Deneuve («non faccio più il giornalista, – scrive – e anche quando lo facevo non mi piacevano troppo le interviste») ma perché ha chiesto lei che fosse Carrère a intervistarla; allora lui, Carrère, si immagina che lei, la Deneuve, abbia letto i suoi libri, che abbia visto i suoi film, che gli chiederà di scrivere una parte per lei, per la Deneuve, e quando, durante l’intervista, lei non dice mai niente di lui, non fa un accenno ai suoi libri, di Carrère, ai suoi film, né alla possibilità che Carrère scriva qualcosa per lei, alla fine, se l’intervista non viene bene non è colpa di Carrère, è colpa di Catherine Deneuve, che Carrère ci fa anche vedere mentre fuma in un locale dove è vietato, che maleducata.

[uscito ieri sulla Verità]