Oggi Velletri, ieri Bolzano, domani Palermo

sabato 24 Febbraio 2018

Quando facevo le elementari c’è stata una riforma della scuola, i cosiddetti decreti delegati, e siccome il ministro della pubblica istruzione che firmava la riforma si chiamava Franco Maria Malfatti, i decreti delegati qualcuno li chiamava i Decreti Malfatti, che era una forma di critica però obiettiva, eran davvero i decreti Malfatti.
Era il 1973, io avevo dieci anni, e la mia maestra, che era una signora piuttosto severa che io identificavo con l’autorità, e ci andavo d’accordo, all’epoca io mi sottomettevo, all’autorità, avevo fiducia nel fatto che, se avessi fatto così, sarei stato bene, la mia maestra una volta ci aveva detto che i politici erano un po’ tutti così, Piccoli, Storti e Malfatti, dai cognomi dei tre ministri democristiani Flaminio Piccoli, Bruno Storti e Franco Maria Malfatti, appunto (allora non lo sapevo ma ci sarebbero stati anche Brutti e Malvestiti, volendo).
Io, allora, ero stato un po’ colpito, da questa uscita della maestra, era come il potere che ironizzava sul potere che era una cosa che, all’epoca, l’ironia, nella mia testa di bambino, non faceva parte degli strumenti del potere.
La riforma della scuola di allora, i Decreti delegati, erano una cosa che, io, allora, non capivo cosa voleva dire, nemmeno il titolo, per così dire, e andava bene, mi sembrava dovesse essere così; la relazione tra me, bambino, e i politici, nel 1973, era fatta di distanza, di nebbia, e di buona educazione.
“Occupatevene voi”, pensavo, “che io non ne capisco niente, e non mi interessa capirne di più, mi interessa solo che funzioni”, e mi sembra che questo atteggiamento fosse anche abbastanza diffuso intorno a me, tra i miei parenti e i miei conoscenti adulti.
Anche se si veniva dagli anni della contestazione, nessuno, allora, nella società che mi circondava, metteva in discussione lo stipendio dei parlamentari, per esempio: erano lì a far quel mestiere lì, era giusto che venissero pagati, dovevano fare delle cose così astruse e complicate come i decreti delegati: “Vuoi farli te?” mi chiedevo nella mia testa. “No no”, mi rispondevo, “che li facciamo pure loro”.
Oggi, 45 anni dopo, la riforma della scuola si chiama La buona scuola, che è un nome che, a me, solo il fatto di scriverlo, mi fa ridere; è come se io, che scrivo dei romanzi, intitolassi un mio romanzo Il romanzo bellissimo, e è come se l’ironia, che all’epoca era esclusa, dal discorso politico, ne fosse oggi lo strumento principale: è come se non si potesse parlare dei politici senza sorridere, come commentando le abitudini strampalate di strampalati vicini di casa.
Cioè è come se i politici fossero scesi al livello delle persone (stavo per scrivere degli elettori ma non riesco a considerare me e quelli che non fanno politica di professione degli elettori: noi non siamo degli elettori, siamo delle persone, secondo me).
Maria Elena Boschi, per esempio, è molto più vicina a noi di quanto fosse vicino a noi Franco Maria Malfatti, e questo determina delle conseguenze, prima fra tutte l’impressione che Franco Maria Malfatti fosse molto moto più accorto, di Maria Elena Boschi.
Non ha per esempio mai promosso un referendum costituzionale, e non ha mai detto in televisione che, se avesse perso il referendum costituzionale promosso da lui, si sarebbe ritirato dalla politica.
E non si è mai occupato di banche, Franco Maria Malfatti, né lui né i suoi familiari, credo, e se è stato candidato in collegi sicuri, paracadutato, si dice con termine tecnico, è stata una cosa fatta bene perché nessuno ne ha mai parlato, che mi risulti, del paracadutaggio di Franco Maria Malfatti.
E non aveva un profilo twitter, Franco Maria Malfatti (questo non è un merito, all’epoca non c’erano proprio), e non ha mai twittato un messaggio del tipo: «Un’altra serata con gli amici del @pdnetwork a Velletri per incontrarsi e condividere impegno ed entusiasmo con sostenitori, candidati e volontari. Queste due settimane saranno decisive. #avanti fino al 4marzo. Insieme. #scegliPD», né si è mai sentito rispondere delle cose del tipo: «Ridicola»; «Vada avanti lei che a noi ci viene da piangere»; «Sinceramente non capisco come una persona sobria possa darle un voto»; «L’ergastolo ti aspetta Banca Etruria»; «Vergogna. Sei un esempio negativo x i giovani italiani»; «Ma il pubblico di yesman ve lo presta Vespa?»; «Ti stanno aspettando anche gli amici di Bolzano»; «Certo che è dura la vita da candidata con tutti questi paracadute!! Oggi Velletri, ieri Bolzano, domani Palemo! #emenomalecheabbandonavalapolitica; «E di lavorare manco per il cazzo eh?» (questi che ho riportato sono i primi commenti all’ultimo messaggio postato su twitter dal sottosegretario Maria Elena Boschi, non ho fatto nessuna scelta e nessun montaggio).
La vita politica di Franco Maria Malfatti, secondo la sua voce su Wikipedia, è cominciata alla fine degli anni quaranta, quando, ventenne, conobbe Dossetti ed è durata fino al 1991, quando è morto.
La vita politica di Elena Maria Boschi, secondo Wikipedia, è cominciata nel 2008, nell’area dalemiana del Partito Democratico.