Nuova serie, anno XXIII, 2009

domenica 10 Maggio 2009

C’è da stupirsi che ogni tanto qualcuno incendi o sogni di incendiare le biblioteche? Io credo sia naturale, una fantasia quasi inevitabile per ogni incendiario o aspirante incendiario. E non solo perché la biblioteca è di carta infiammabile. Non è l’infiammabilità facile che l’incendiario cerca; altrimenti opterebbe per incendiare dolosamente un deposito di gas metano, una pompa di benzina, un serbatoio di nafta, o la boccetta dell’alcol denaturato, che però per gli incendiari è manifestamente cosa da grulli, un cedimento alle pulsioni inferiori, al facile, all’ovvio, alla banalità. Incendiare un bosco, un fienile, un palazzo: puro spettacolo senza costrutto, col sospetto del camorristico. L’incendiario non è un dispettoso, o un vendicativo, o un anarchico, anche se ce ne sono di simili, ma, poveretti!, sono degli istintivi, o degli edonisti, che cercano la fiamma, come un frivolo cerca la festa. L’incendiario, l’incendiario ispirato, colto e idealista, nella sua essenza è un metafisico, che si dibatte fra l’essere e il nulla, perciò agogna la biblioteca, bruciare le anime (la carta è solo il comburente); far cessare questi luoghi di innaturale, prolungata sopravvivenza.

[Ermanno Cavazzoni, in Tèchne, 18, Udine, Campanotto 2009, pp. 66-67]