Non uscire dalla stanza

domenica 26 Aprile 2020

Non uscire dalla stanza, non commettere l’errore.
Se hai le Šipka da fumare, cosa te ne fai del sole?
Niente, là fuori, ha senso, neanche le urla di gioia.
Vai fino al gabinetto e poi torna, presto, indietro.

Oh, non uscire dalla stanza, non chiamare il taxi.
Che lo spazio è costituito dal corridoio,
e finisce con il contatore. E se entra la tua amata,
con le fauci spalancate, mandala via senza spogliarti.

Non uscire dalla stanza; pensa di essere malato.
Cosa c’è, al mondo, di più bello, di un muro scrostato?
Perché andar via da dove tornerai, dopo, di sera,
uguale a come eri e, in più, intossicato?

Oh, non uscire dalla stanza. Balla una bossanova, ispirato,
le scarpe ai piedi nudi, e solo la giacca addosso.
L’ingresso puzza di sciolina, di cavolo bollito,
hai già scritto molte lettere; una in più sarebbe troppo.

Non uscire dalla stanza. Oh, che la sola stanza immagini
l’aspetto che hai. E, in generale: incognito
ergo sum, come ha notato la forma nel cuore della sostanza.
Non uscire dalla stanza! In strada non c’è mica la Francia.

Non far l’asino! Sii quello che gli altri non son stati.
Non uscire dalla stanza! Dai la libertà ai tuoi mobili usati
di diventare un tutt’uno con la carta da parati. Bàrricati, nella stanza,
dietro l’armadio contro il crono, il cosmo, l’eros, il virus, la razza.

[Una poesia, del 1970, di Iosif Brodskij. L’abbiamo tradotta con le studentesse del secondo anno del corso di traduzione editoriale dal russo della Iulm, Giada Bertoli, Francesca Giordano, Verdiana Neglia, Irene Verzeletti. L’originale è in rima, qui Brodskij la legge ad alta voce: clic]