Nicola Gogol

venerdì 14 Agosto 2009

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ANUCKIN

Scusate, egregio signore, la Sicilia avete detto, la Sicilia… è un bel paese, la Sicilia?

ZEVAKIN

Eh, bellissimo! Ci siamo stati 34 giorni. Il panorama? Divino, per servirvi! Boschi interi, eh, di alberelli, tutti melograni; e dappertutto delle italiane belle, come tante rose, da strapparvi i baci.

ANUCKIN

E educate?

ZEVAKIN

Meravigliosamente. Da noi solo le contesse hanno una educazione così. E quando si passava per le strade, eh, un tenente russo, con le spalline d’oro, qui, (accenna alle spalle) eh, quelle bellezze esotiche… sapete, ogni casa, là, ha il suo balconcino. E i tetti, ecco, sono piani come questo pavimento; e lì, dovunque guardi, dappertutto, dei fiori di bellezza. Eh, naturalmente, perché non pensino d’aver a che fare con uno zoticone, io m’inchino, (s’inchina e saluta con la mano) e lei, fa solo così… (muove la mano). E son vestite che è una meraviglia: qui un nastrino, lì un pizzo, tanti ornamenti. Eh, insomma, proprio tanti bocconcini da re!

ANUCKIN

Ma permettetevi di chiedervi ancora una cosa, egregio signore, che lingua parlano in Sicilia?

ZEVAKIN

Tutti il francese, naturalmente.

ANUCKIN

Come? Proprio tutte le signorine parlano il francese?

ZEVAKIN

Eh, come no, perbacco! Voi forse non ci crederete! Ebbene, noi abbiamo passato lì 34 giorni e durante tutto questo tempo non abbiamo sentito nemmeno una parola di russo.

ANUCKIN

Nemmeno una?

ZEVAKIN

Nemmeno una. E io non parlo mica dei nobili, dei signoroni; eh, dei loro ufficiali. Ma, ecco, prendete un contadino qualunque, eh, uno che porta qualcosa in spalla, e ditegli in russo: «dammi un pezzo di pane», beh, quanto è vero Dio non capisce niente. Ma se glielo dite in francese, allora capisce subito e corre a prendervelo.

IVAN PAVLOVIC

Però deve essere un paese assai interessante, a quel che vedo, questa Sicilia. Voi avete detto un contadino, no, egregio signore? Un contadino! E com’è? Largo di spalle, come il contadino russo? E la terra, l’ara o non l’ara?

ZEVAKIN

Non posso dirvelo se l’ara o no, non ci ho fatto caso: ma, in quanto al tabacco, affé di Dio, eh, posso dirvi che non solo fiutano tutti, ma lo masticano! E i trasporti lì sono molto a buon mercato. Lì c’è acqua quasi dappertutto; e dappertutto gondole… eh, naturalmente, sopra ogni gondola ci sta seduta un fiore d’italiana, tutta in ghingheri; blusette, scialli, fazzoletti. Eh, c’erano con noi degli ufficiali inglesi. Beh, erano con noi, di marina. Da principio, era tanto strano, non si capiva mica, poi, andando in giro, ci siamo conosciuti meglio, ci siamo intesi più facilmente. Quando qualcuno ti mostrava la bottiglia o il bicchiere, allora capivi subito che voleva dire: «Beviamo»; eh, se ti cacciavi il pollice in bocca e succhiavi, ebbene, voleva dire: «Fumiamo la pipa». In generale, per servirvi, eh, la lingua inglese è abbastanza facile. I nostri marinai e i loro, bene o male in capo a tre giorni si intendevano benone fra di loro.

[Nicola Golol, Il matrimonio. Avvenimento assolutamente inverosimile in due atti, a cura di Luigi Salvini, Milano, Cooperativa libro popolare 1952, pp. 48-50]