Nessuna meraviglia
Nessuna meraviglia, quindi, se della antica religione nient’altro sia rimasto oltre l’esteriorità del culto (col quale il volgo sembra aduli Dio più che lo adori), e che la fede, ormai, nient’altro sia che credulità e pregiudizi; e quali pregiudizi? quelli che trasformano gli uomini, da esseri ragionevoli, in bruti, come quelli che del tutto impediscono che ciascuno usi del suo libero giudizio, che discerna il vero dal falso, e che sembrano come espressamente escogitati per estinguere del tutto il lume dell’intelletto.
Oh Dio immortale! la pietà e la religione consistono in assurdi arcani; e coloro che la ragione del tutto disprezzano, e che respingono e avversano l’intelletto come corrotto per natura, proprio essi – ciò che è iniquo oltremodo – sono creduti i depositari del lume divino.
Ma, in verità, se costoro avessero anche una sola scintilla del lume divino non impazzirebbero con tanta superbia, ma imparerebbero a venerare Dio con più senno, e, come adesso per l’odio, si distinguerebbero dagli altri per l’amore; né perseguiterebbero con animo tanto ostile chi non pensa come loro ma, piuttosto (se temessero più per la salvezza di essi che per il proprio vantaggio), sarebbero, a loro riguardo, più misericordiosi.
[Baruch Spinoza, Trattato teologico-politico, traduzione di Sante Casellato, Milano, Fabbri 2001, pp. 8-9]