Mobili libri carta di giornali
Nel mese di novembre del 1935, andai a Firenze per affittare una casa. I miei famigliari, che erano sempre stati abituati a svernare in città nella casa di Modena, si erano ridotti in campagna in una casa che si riempì di mobili, libri e carta di giornali. Si accatastarono nella grande casa di Cavezzo i mobili di Modena, quelli dei miei nonni della casa di piazza Roma n. 11, dove io nacqui, all’ultimo piano, in una stanza la cui finestra guardava (e guarda tuttora) il monumento a Ciro Menotti. L’ultimo giorno che ebbi in possesso la casa corteggiai una girl viennese che lavorava in un avanspettacolo al Teatro Storchi. Poi chiusi casa e uscii con l’ultima seggiola, che era la mezzanotte del 2 novembre 1935. In automobile (avevo un’Augusta Lancia) andai a Cavezzo. Oltre l’ultima seggiola avevo con me i miei manoscritti, il dizionario italiano dello Zingarelli e qualche libro. «Addio per sempre salotto rosso con gli angioli popputi dipinti nel soffitto! Addio Fanalino della Battimonda! Addio Margherita Matesillani! Addio alla mia vita, e per sempre!» Quella prima notte a Cavezzo ero stato vicino al suicidio. Tutto ciò che era vero si stava rendendo vero, e tutto ciò che era immaginario, era perduto per sempre. (Nel giugno del 1935 avevo giurato guerra alla mia città. Dimenticando fascismo, dittatura e libertà, mi ero messo in mente che, dopo avere venduto la casa di Modena, prima di dieci anni a venire sarei tornato, a cavallo, alla testa di cento trombettieri e mille soldati acclamanti, gettando la paura e il disagio nell’animo dei miei concittadini e en volant toute femme que j’aurais cru envoler).
Antonio Delfini, Autore ignoto presenta, racconti scelti e introdotti da Gianni Celati, Torino, Einaudi 2008, pp. 265-266).