Memorie di un giovane medico
Qualche anno fa, a Bologna, ho tenuto un corso che si è chiamato Scuola media inferiore di letteratura popolare, e aveva un sottotitolo che era: “come scrivere un romanzo che vende moltissimo”.
Il sottotitolo l’avevo messo per via di un libro che avevo letto qualche anno prima, Il quinto angolo, di Izrail’ Metter, il cui protagonista insegnava matematica senza saperla e diceva che, se vuoi imparare a fare una cosa, il modo migliore è insegnarla.
In quel corso avevamo parlato delle descrizioni, e a me era venuta in mente la moglie del Maestro e Margherita, non Margherita, quella di prima, la prima moglie, che Bulgakov risolve in tre parole, in russo, che diventano cinque in italiano: «un eterno vestitino a righe».
Che è una liquidazione talmente potente che io me la ricordo a memoria fin dalla prima volta che ho letto quel libro lì, trentacinque anni fa, circa.
Qualche anno prima, avevo tenuto un corso che si chiamava Scuola elementare di letteratura russa, e avevamo letto L’asciugamano col gallo, che è il primo dei racconti che trovate in questa raccolta (che è una specie di romanzo involontario, come raccolta, perché i racconti sono tutti con lo stesso io narrante e, più o meno, hanno tutti la stessa ambientazione).
Come forse vedrete, qui Bulgakov racconta di un medico che, nel 1917, viene mandato in un angolo sperduto della Russia nord occidentale, dove è l’unico medico nel giro di diversi chilometri e deve far tutto lui, e la maggior parte delle cose che deve fare non le ha mai fatte, e non sa come si fanno, e le fa in un modo, cioè si muove in un modo, il contrario di quelli che si muovono con nonchalance, cioè si muove con chalance, se così si può dire, che, tradotto in italiano, nonchalance dovrebbe essere disinvoltura, chalance involtura, si muove con involtura, praticamente, questo protagonista.
E la sua urgenza, la sua disperazione, la sua vergogna, e la comicità, anche, della sua condizione, lo costringono a vedere le cose con una potenza, che un banale vestito a righe diventa un eterno vestitino a righe e resta impresso per sempre nella memoria del lettore.
O, meglio, il vestitino a righe nel Maestro e Margherita, invece qui, per me, la parola «Canfora», che mi sono trovato a pronunciare più volte ad alta voce per vedere che effetto faceva, o un asciugamano con un gallo, o le scatole di caramelle su cui si disegnano bambine così, o le paginette lucide del Döderlein, Chirurgia ostetrica, o una bambina imbacuccata, sembrava un comodino, o una borsa con dentro la caffeina, e la canfora, e la morfina, e l’adrenalina, e le pinzette emostatiche, e il materiale sterile, la siringa, la sonda, la pistola, le sigarette, i fiammiferi, l’orologio, lo stetoscopio, o delle ciocche di capelli che erano avvolte intorno alle dita, una susina Reine Claude di grosse dimensioni, una palla di colore giallo della grandezza di una piccola mela e molte altre cose ancora.
[segue]
[Prima parte dell’introduzione a Michail Bulgakov, Memorie di un giovane medico, esce per Marcos y Marcos il 16 novembre]