Ma quelli che scrivono sopra i giornali

venerdì 11 Ottobre 2013

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Dal «Los Angeles Times», 1961:
«Il primo cosmonauta, in realtà, è figlio di un principe», afferma il New York News. Il più grande eroe della Russia dopo Lenin, il cosmonauta Jurij Gagarin, che secondo i russi è figlio di un umile carpentiere, e prodotto del sistema scolastico statale sovietico, sarebbe in realtà il nipote di un principe russo fucilato dai bolscevichi. «Gagarin, il cui padre pure era principe, a causa del suo sangue blu dovette subire l’ostracismo del Partito Comunista, e il Comando lo scelse per la realizzazione del Programma Spaziale proprio perché, se gli fosse successa una disgrazia, nessuno avrebbe sentito la sua mancanza», afferma sempre sul New York News, il cittadino di Manhattan, Aleksis Shcherbatov, professore di Storia presso l’Università Faleigh Dickinson di Teaneck, nel New Jersey. La stessa cosa è confermata anche da una competente organizzazione specializzata in aristocrazia e araldica russa che ha verificato queste informazioni presso il Segretario della delegazione russa dell’Onu, e questi ha confermato che Shcherbatov ha ragione. Shcherbatov ha spiegato che il nonno di Jurij era il principe Michail Gagarin, il quale possedeva molti grandi terreni fra Mosca e Smolensk. Quando i bolscevichi presero il potere, il principe Michail, in quel momento capitano della cavalleria dello zar, fu fucilato dai Rossi. Il fatto avvenne nel novembre del 1919.

Da Gli antenati di Jurij Gagarin, di G. Mozgunova:
Jurij Gagarin proviene da una comune famiglia contadina. I suoi antenati erano originati dei governatorati di Smolensk e Kostroma.

Dal giornale «Svenska Dabladet» (cit. dal giornale sovietico «Izvestia», 15 aprile 1961):
L’eroe dell’Unione Sovietica, il cosmonauta n. 1 Jurij Gagarin è il discendente in linea diretta del leggendario principe variago Rjurik, vissuto ai tempi dei Vichinghi, che ancora nell’anno 862 d.C. si fermò sul lago Ladoga, e i cui discendenti diedero origine al «Regno dei principi nell’antico Stato Russo».

Dal «Los Angeles Times», 1961:
Il figlio del principe Michail, Aleksej, padre dell’astronauta n. 1, fu costretto a salvarsi scappando sugli Urali. Lì, a Oreberg (sic!), nacque proprio Jurij nel 1939, afferma Shcherbatov. Il padre di Jurij scomparve, lo storico afferma che fu vittima delle repressioni dei Rossi.

Presto venne fuori un’altra notizia simile. Il sessantatreenne Gregory Gagarin, insegnante di equitazione in pensione dell’Università della Pennsylvania, che in gioventù servì nella cavalleria dello Zar, ha affermato di essere lo zio di Jurij.

Da Jurij Gagarin, La via del cosmo:
Toccò cominciare la conferenza stampa non con il resoconto del volo nello spazio, ma con la smentita ufficiale del mio rapporto di parentela con certi principi Gagarin, emigrati, che pretendevano di essere parenti della mia famiglia. È proprio vero: «La gente si mette il mantello là dove soffia il vento».

Dalle Faq sul sito Internet dei principi Gagarin:
Siete in qualche modo legati da rapporti di parentela con il cosmonauta sovietico Jurij Gagarin?
No. I principi Gagarin possedevano in Russia molte terre. All’epoca molti dei servi della gleba nella Russia zarista non avevano un cognome proprio e assumevano spesso quello del proprietario terriero del luogo. Crediamo che Jurij, il grande cosmonauta russo, sia discendente di uno di questi servi della gleba.

La supposizione che Gagarin abbia ereditato il cognome dal proprietario terriero della zona non sta in piedi, in quanto i Gagarin erano tutti contadini di Stato, e lavoravano per lo Zar.

Secondo le memorie di Aleksej Ivanovič, padre di Jurij, i suoi vicini del villaggio chiamavano suo padre Ivan Gagarà. Nei dizionari possiamo trovare varie interpretazioni per questa strana parola «uccello marino», «persona emaciata, dalla pelle scura», «burlone, persona dalla risata facile», «lungo, allampanato». Alla base del cognome più probabilmente, sta un qualche soprannome o nome di origine pagana «gagarà».

[Lev Danilkin, Gagarin, traduzione di Alessandra Carbone, Roma, Castelvecchi 2013, pp. 27-30]