Ma dài
Il problema era che Marx aveva previsto la rivoluzione sbagliata. Secondo Marx il socialismo non si sarebbe affermato certo nella Russia rurale e arretrata, bensì nei paesi industriali più floridi e sviluppati: in Inghilterra, in Germania o negli Stati Uniti. Perché il capitalismo (secondo la sua analisi) creava miseria ma al tempo stesso progresso, e la rivoluzione che avrebbe liberato l’uomo dalla miseria sarebbe scoppiata soltanto dopo che il capitalismo avesse generato tutto il progresso, e insieme tutta la misera, di cui era capace. A quel punto, nel tentativo disperato di continuare a ottenere profitti, i capitalisti avrebbero investito talmente tanto denaro che l’infrastruttura produttiva avrebbe quasi raggiunto la perfezione. Al tempo stesso, la ricerca di profitti maggiori avrebbe via via compresso i salari, spingendo i lavoratori verso l’indigenza. Sarebbe stato un mondo di macchine meravigliose ed esseri umani ridotti alla fame. Quando la contraddizione fosse diventata insostenibile, i lavoratori sarebbero passati all’azione rovesciando quel folle sistema sociale, ben più rozzo e spietato delle catene di montaggio delle fabbriche.
[Francis Spufford, L’ultima favola russa, traduzione di Carlo Prosperi, Torino, Bollati Boringhieri 20013, p. 101]