Ma dài

domenica 14 Luglio 2013

Spufford, L'ultima favola russa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il problema era che Marx aveva previsto la rivoluzione sbagliata. Secondo Marx il socialismo non si sarebbe affermato certo nella Russia rurale e arretrata, bensì nei paesi industriali più floridi e sviluppati: in Inghilterra, in Germania o negli Stati Uniti. Perché il capitalismo (secondo la sua analisi) creava miseria ma al tempo stesso progresso, e la rivoluzione che avrebbe liberato l’uomo dalla miseria sarebbe scoppiata soltanto dopo che il capitalismo avesse generato tutto il progresso, e insieme tutta la misera, di cui era capace. A quel punto, nel tentativo disperato di continuare a ottenere profitti, i capitalisti avrebbero investito talmente tanto denaro che l’infrastruttura produttiva avrebbe quasi raggiunto la perfezione. Al tempo stesso, la ricerca di profitti maggiori avrebbe via via compresso i salari, spingendo i lavoratori verso l’indigenza. Sarebbe stato un mondo di macchine meravigliose ed esseri umani ridotti alla fame. Quando la contraddizione fosse diventata insostenibile, i lavoratori sarebbero passati all’azione rovesciando quel folle sistema sociale, ben più rozzo e spietato delle catene di montaggio delle fabbriche.

 

[Francis Spufford, L’ultima favola russa, traduzione di Carlo Prosperi, Torino, Bollati Boringhieri 20013, p. 101]