Lo star male
Cioè lo star male ha cambiato la sua grammatica. È molto più furbo, è molto più malizioso, è molto più indiretto, è molto più dilatorio, è molto più drastico, è molto più cortese, molto più blando, molto più scarnificante, molto più tatuante, molto più accogliente. Cioè esiste uno star male bruto, che però ti affronta dicendo che è frantumabile; e se tu in qualche modo riesci, non tanto a frantumarlo perché non è possibile frantumarlo, ma sempre col ragionamento di Rabia*, ti metti nella condizione per cui lui si frantumi, ti accorgi che quelle che restano sono delle parole, e queste parole sono ciò che si scrive.
*Nei detti di una teologa musulmana, Rabia – quasi l’ultimo – c’è un peccatore che chiede a Rabia: “Ho molto peccato: se mi pento, Dio mi perdonerà?”. E lei risponde: “No, se Dio ti perdona, tu ti penti”. È stupendo. Ecco, allo stesso modo vorrei rovesciare l’ordine. Lei ha parlato di scelte: le scelte sono quelle di cui noi siamo oggetto, non quelle di cui siamo soggetto. Noi non scegliamo nulla se non – se ci riusciamo – la disponibilità a essere scelti.
[Giorgio Manganelli, La penombra mentale, cit., p. 69; 67-68]