L’inizio di una favola
Una gallina di Poggio Bustone, si era stancata di far delle uova, voleva far l’università.
Voleva iscriversi a archeologia perché le piaceva l’idea di scavar nella terra e trovare dei pezzi di coccio che valevano un sacco di soldi e che poi, rivenduti, le avrebbero dato la fama («La famosa gallina archeologa di Poggio Bustone!»), e la ricchezza (voleva comprar quella villa arancione con il grande attico con vista sulla piana reatina e sul lago Lungo, la villa e il panorama più belli di Poggio Bustone).
Non avrebbe dovuto nemmeno far niente, nella sua testa, perché scavare, scavavano gli altri, tutti i famosi archeologi avevano dei manovali che scavavan per loro, lei avrebbe soltanto dovuto indicare un punto per terra e dire: «Coccodè».
I manovali avrebbero capito che quello era il punto dove cominciare gli scavi e lì sotto ci sarebbero stati i segni di un’antica civiltà di romani, o di celti, o di etruschi, o di sumeri, o di egizi, o di numidi, o di dalmati, o di mesopotamici, che i romani e gli etruschi, va bene, ma i celti i sumeri gli egizi i numidi i dalmati e i mesopotamici è vero, loro abitavano nei paesi celtici, in Šumer, in Egitto, in Numidia in Dalmazia e in Mesopotamia, che eran dei posti che con Poggio Bustone avevan poco a che fare, ma i celti i sumeri gli egizi i numidi i dalmati e i mesopotamici, anche loro, come noi, avevan le gambe, si potevan spostare, e chi dice che non avessero scelto di spostarsi a Poggio Bustone, nell’antichità?
[Questo è l’inizio di una favola sulla gallina archeologa di Poggio Bustone, favola che dovrebbe essere uscita oggi su Vanity fair]