L’editing dei Promessi sposi e di Guerra e pace
Il libro di Antonio Manzini Sull’orlo del precipizio (Sellerio 2015, 115 pagine, 8 euro), comincia con un celebre scrittore, Giorgio Volpe, che consegna il suo ultimo romanzo alla sua casa editrice proprio nel momento in cui la sua casa editrice viene comprata dal gruppo Sigma, che ha comprato contemporaneamente tutte le principali case editrici italiane; quando arriva il momento dell’editing, invece che con Fiorella, la redattrice con la quale di solito lavora ai suoi testi, Volpe è costretto a avere a che fare con Aldo e Sergej, due redattori che, prima del suo libro, si sono occupati dei Promessi sposi e di Guerra e pace. Di Guerra e pace hanno fatto un’edizione senza le parti noiose, «senza Waterloo, più corto. Solo 300 pagine». Dei Promessi sposi hanno fatto una traduzione pensata per «avvicinare i ragazzi alla letteratura e usare una lingua che gli faccia amare i libri». Allora l’inizio: «Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume» diventa: «Quel pezzo di lago in provincia di Como (città di 85 mila abitanti, situata in Lombardia dove nacquero Plinio il vecchio, Plinio il giovane e Alessandro Volta, l’inventore della pila), che davvero non si incula nessuno, sperduto in mezzo a montagne lunghe lunghe, pieno di insenature e golfi, si restringe all’improvviso e, toh, sembra quasi un fiume!». «Ecco, – dice il redattore – lo sente? La prosa diventa moderna, pochi fronzoli, informazioni utili come se il testo fosse su internet e cliccando Como rilasciasse dettagli. Vuole che le legga l’incontro fra i coatti e don Abbondio?». «I coatti?», chiede Volpe. «I Bravi, dai. “Questo matrimonio non s’ha da fare…” Ma chi parla così? Ora, invece, senta che meraviglia: “Prova a fa’ sto matrimonio e ti rompiamo il culo, bello”. È un’altra cosa. È così che i giovani si avvicinano alla letteratura». Sergej sta lavorando anche a una nuova edizione di Anna Karenina in cui Anna non finisce sotto il treno, ma c’è, in qualche modo, un lieto fine. Volpe, che all’inizio non è tanto contento dell’andiamo che ha preso la cosa, viene messo di fronte a dei dati concreti. Il suo primo romanzo ha venduto 560 mila copie, il suo secondo romanzo 760 mila, il suo terzo romanzo 180 mila. «Questa ciclotimia – dicono a Volpe – non è sopportabile». Nei suoi prossimi libri, gli dicono, bisogna unificare i codici prodotto, come una fabbrica qualsiasi. Come la Ferrero. «C’è un codice prodotto, per la Nutella, diciamo, ed è sempre lo stesso. E ogni anno prevedono quante ne venderanno. Così di Ferrero Rocher, così di Mon Chéri. Sanno già quanti pezzi venderanno perché il prodotto è sempre quello. Non cambia mai». A Volpe chiedono la stessa cosa. Di scrivere libri con sempre gli stessi ingredienti in modo da non scendere mai sotto le 700 mila copie.
Il panorama editoriale immaginato da Manzini ricorda un racconto del 1953 dello scrittore britannico Roal Dahl, The Great Automatic Grammatisator, tradotto da Massimo Bocchiola come Lo scrittore automatico (e disponibile nel volume Il libraio che imbrogliò l’Inghilterra, Guanda editore).
Il protagonista è un informatico appassionato di letteratura, Adolph Knipe, che inventa una macchina per scrivere i romanzi; c’è proprio il volante, le marce, il pedale della suspence, quello della passione, e se uno ci monta sopra, gira la chiavetta e guida un po’, poi alla fine di sotto salta fuori il libro rilegato.
«Sono previste anche molte piccole raffinatezze» dice Knipe al suo principale, il signor Bohlen. «“Le vedrà quando studierà il progetto nei particolari. Per esempio, è previsto un espediente che usano quasi tutti gli scrittori, quello di inserire in ogni racconto almeno una parolona lunga e incomprensibile. Questo fa pensare al lettore che l’autore sia molto dotto e intelligente. Perciò la macchina farà automaticamente lo stesso. Avremo un intero stock di parole lunghe memorizzate appositamente per questo scopo”. “Dove?” – chiese Bohlen. – “Nella sezione ‘memoria parole”, rispose epesegeticamente Knipe».
[Uscito ieri su Libero]