Le agende del 2015

sabato 18 Ottobre 2014

Sono un po’ di giorni che mi gira in testa una cosa che diceva un mio amico che diceva che lui c’eran delle volte, ma tante, che lui si aspettava chissà che cosa, invece succedeva chissà niente. E l’altro giorno, ero in libreria, ero finito davanti alla sezione dove vendevan le agende del 2015, mi era venuta una gran voglia di avere un’agenda del 2015, anche se eravamo solo nell’ottobre del 2014 e alla fine la voglia era così grande che dopo l’avevo comprata e dopo averla comprata m’era venuta voglia che cominciasse il 2015 e mi ero detto che io, rispetto al 2015, ero anch’io come quel mio amico là che mi aspettavo che succedesse chissà che cosa invece probabilmente sarebbe successo chissà niente. Però mi piaceva così tanto, quella sensazione lì di aspettarmi chissà che cosa, che lì in libreria, con la mia agenda nuova in mano, inutile, per il momento, mi ero messo a pensare a degli altri momenti nella mia vita che ero lì che mi aspettavo chissà che cosa e mi eran venute in mente le vigilie di Natale, quando ero piccolo, che mi aspettavo Babbo Natale, e il senso di pulito, di sensato, che avevano quei Natali lì. E poi la mattina, mi era venuto in mente, sempre da piccolo, che dopo, al pomeriggio, sarei andato al cinema a veder Bambi, che quello, per me, Bambi, al cinema, quando ero piccolo, era stato poi veramente chissà che cosa oppure, un po’ più avanti, nel 1970, avevo già sette anni, la vigilia della finale dei mondiali, che mi sembrava incredibile, che quella sera ci sarebbe stata davvero la finale dei mondiali e che ci avrebbe giocato davvero l’Italia e che io l’avrei guardata davvero e lì, davvero, mi aspettavo chissà che cosa, che l’Italia avrebbe fatto degli sfracelli, altro che i brasiliani, e invece poi dopo l’Italia aveva poi perso, come si sa, 4 a 1. E mi ero ricordato la prima volta che ero andato in stazione a prendere una ragazza che intanto che andavo mi dicevo “Ma dove stai andando, ma cosa credi di fare?”. E poi, lì in libreria, con l’agenda tra le mani, mi era venuta in mente la prima volta che avevo potuto usare la vespa, la vespa 125, che era veramente, nella mia testa, la libertà, o, ancora, la prima volta che ho preso lezione di musica che volevo imparare a suonare la tromba che mi sentivo così ridicolo, e ero così contento, o la prima lezione di russo che avevo preso nella mia vita, all’università, e la paura che mi faceva, e se non fossi stato capace?, o quando, qualche anno prima, mia nonna mi aveva regalato la mia prima macchina, una due cavalli bianca che, per me, era bellissima, non c’era una macchina più bella, non c’erano spider non c’erano Jaguar non c’eran Ferrari non c’era gara, nella mia testa, la mia macchinina era un chissà che cosa che chissà dove mi avrebbe portato infatti poi dopo mi aveva portato dovunque, anche in Russia, fino a San Pietroburgo, che ero già laureato e che era un viaggio dal quale mi aspettavo davvero chissà che cosa il mio meccanico no, invece, che, me lo ricorderò sempre, aveva sistemato la macchina per il viaggio poi mi aveva preso da parte mi aveva dato una cacciavite a stella mi aveva detto: «Se la macchina si ferma, te scendi dalla macchina, prendi questo cacciavite e smonti le targhe. La macchina puoi lasciarla anche là, le targhe portale indietro».

 

[Uscito ieri su Libero]