La passione per gli allevamenti dei maiali

sabato 2 Aprile 2011

Due domeniche fa, a Castelmaggiore, che è un posto, le case tutte nuove, i balconi rotondi, gli autobloccanti, i dipinti sui muri, non graffiti, fatti bene, con una geometria ortodossa, una ballerina, rossa, una chiave di violino, verde, una colonna blu con la sagoma di una mascherina, da teatro, quella che ride, bianca, e lì di fianco, in bianco, la scritta: “Sala teatrale Biagi D’Antona”, e era anche domenica, e la domenica le cose, delle volte, è come se non avessero lo scheletro, due domeniche fa mi avevano inviato a Castelmaggiore a parlar dei film che mi piacevano, e far veder dei pezzi, Oblomov, Vogliamo vivere, Di madre in figlia, Total Balalajka show e Stalker, e il giornalista che era con me mi ha chiesto «Cosa le piace in Stalker?», e io ho risposto «Non lo so, però l’ultima volta che l’ho visto, quando son lì, nella zona, quell’area proibita, contaminata, forse, forse radioattiva, che c’è la stanza dove dicono che si realizzino i tuoi desideri, ecco io questa cosa, che nella vita me l’han detta, delle volte, “Se potessi realizzare un tuo desiderio, cosa desidereresti?” ecco questa cosa qui, che nella vita se te lo chiede uno ti vien da pensare che è infantile, e che è rimasto indietro come la coda del maiale, io l’ultima volta che ho visto Stalker, quando sono arrivato lì io ci ho pensato per davvero, a qual era il mio più grande desiderio: Tarkovskij, – ho detto, – col suo film è riuscito a far di questa cosa puerile, infantile, indietro come la coda del maiale una cosa vera, e acuta, che ti scava dentro, che supera tutti gli schermi che hai nella testa e ti tocca e questa, – ho detto, – forse, è l’arte».
E ho pensato a un libro che ha scritto un mio amico, libro che si intitola Sulla felicità a oltranza, e il mio amico Ugo Cornia, e il libro parla, in sostanza, anche se non è bene riassumere i libri, ma, per capirci, Ugo in quel libro lì parla di quando nel giro di pochi mesi gli sono morti il babbo e la mamma, e quel che racconta il libro, in sostanza, è il bene che Ugo voleva a suo babbo e a sua mamma, e quella cosa lì, nella vita, se un tuo amico ti venisse vicino e ti dicesse “Io voglio tanto bene a mio babbo e a mia mamma”, tu lo guarderesti e gli diresti “Eh”, invece, a legger questa cosa dentro il libro, che non c’è scritta, ma c’è, a te, intanto che lo leggi, ti viene in mente il bene che tu vuoi o hai voluto a tuo babbo e a tua mamma, e il libro ti scava dentro, e ti tocca, e questa cosa, in sostanza, è l’arte, ho pensato.
E mi è tornato in mente quel che diceva Kurt Vonnegut in un breve scritto che si intitola Come scrivere con stile, che diceva varie cose, e a me ne son tornate in mente due, la prima è questa: «Trovate un argomento che vi sta a cuore. Il più irresistibile e seducente elemento del vostro stile sarà proprio questa sincera passione, e non i vostri giochi linguistici»; la seconda è questa: «Siate semplici; ricordate che due grandi maestri della lingua, William Shakespeare e James Joyce, scrivevano frasi quasi infantili mentre i loro argomenti erano i più profondi. “To be or not to be” chiede l’Amleto di Shakespeare. La parola più lunga è di tre lettere. Joyce, quando voleva divertirsi, era capace di creare frasi intricate e scintillanti come una collana di Cleopatra, ma la mia frase preferita del suo racconto Eveline è “Lei era stanca”. In quel punto della storia, niente potrebbe fare breccia nel cuore del lettore come quelle tre parole».
E tutte queste cose mi son tornate in mente mentre leggevo il libro appena uscito (per l’ancora del mediterraneo, a cura di Claudio Groff) Un anno con Thomas Bernhard, di Karl Ignaz Hennetmair.
Hennetmair era l’agente immobiliare di Bernhard, ed è stata, per un certo periodo, la persona che frose Bernhard ha frequentato di più («in quel periodo certo la persona che probabilmente mi era più vicina» scrive Bernhard nel romanzo Ja dell’agente immobiliare Moritz, personaggio ispirato a Hennetmair).
Ecco, Hennetmair, nel 1972, in seguito a un articolo su Bernhard di un giornalista di Monaco, articolo nel quale il giornalista riteneva rilevante «addirittura il fatto che Thomas avesse dei grossi pori sul naso», decide «di prendere nota di tutti gli incontri con Thomas Bernhard e per quanto possibile di trascrivere tutte le nostre conversazioni», e lo fa per un anno, dal primo gennaio del 1972 al primo gennaio del 1973, di nascosto da Bernhard, e ne vien fuori un libro, son quasi cinquecento pagine, dove si trovan delle storie come questa: «Thomas racconta anche del bombardamento aereo che ha vissuto quand’era un ragazzino, mentre raccoglieva mirtilli con alcune donne vicino a Traunstein. Le donne pregavano ad alta voce con le mani alzate verso il cielo, mentre le bombe cadevano. Si vedeva chiaramente quando venivano sganciate, allora saltavano tutte nei cespugli continuando a pregare forte. Mentre pregavano a voce alta, a Thomas era scappato da ridere perché si erano lacerate i vestiti. Dopo che le bombe erano esplose, erano arrivati dei contadini, i quali avevano visto che là dove erano cadute le bombe si erano nascoste le raccoglitrici di mirtilli, e non riuscivano a credere che fossero ancora vive. Proprio lì vicino si erano formati degli enormi crateri, e sulle donne erano cadute terra, legno e schegge». Oppure come questa: «Quando sarà vecchio, vuole che i bambini, vedendolo passar per strada, urlino: “Via, scappiamo, sta arrivando il vecchio spilorcio!”. E le mamme dovranno dire ai loro piccoli: “Se non fate i bravi, arriva il Bernhard”». E anche se la prima frase che Bernhard rivolge a Hennetmair, nel libro, è: «Sei proprio un imbecille», e anche se Hennetmair di Bernhard dice «è uno dei più grandi taccagni che mi sia capitato di incontrare fino a oggi, come d’altronde l’uomo più insolente che mi sia mai trovato davanti», la storia del libro, non si dovrebbero raccontare così i libri, è la storia di una grande amicizia reciproca e di una grande stima reciproca, ed è una storia che ti tocca, e le vicende raccontate dentro il libro, anche le più prosaiche, come il momento, drammatico, in cui si minaccia di costruire, a 17 metri dalla casa di Bernhard, un allevamento di maiali, sono raccontate con tanta passione e con una lingua così semplice e precisa che sono, ed è stupefacente, appassionanti.

[Uscito ieri su Gli altri]