La macchia della finestra in alto

sabato 22 Ottobre 2011

La luce penetra di rado, nella prigione sotterranea, se ne va presto. La macchia della finestra in alto compie un breve tragitto sul muro.
Poco più tardi un fiorentino dalla barba rossiccia, Dante, descriverà l’inferno in un poema.
L’inferno di Dante è costruito ad anfiteatro e scende a cerchi, sempre più in basso. L’inferno di Dante è affollato esclusivamente di italiani.
Oltre a questi vi sono alcuni antichi romani. Non bastava il posto per altri popoli.
Questo inferno raffigura la litigiosa Italia. Le città sono disposte in cerchio, i cittadini leticano e nell’eterna oscurità si fanno gesti osceni.
Pene amorose, offese, liti con usurai riempiono l’inferno di Dante dall’alto fino in fondo.
L’interno di Dante assomiglia alla prigione di Genova.
Pisani e veneziani erano reclusi insieme..
C’era anche gente di Parma, di Toscana, di Ravenna.
La prigione parlava dialetti diversi, la prigione discuteva, si grattava, moriva nelle catene, insultava i carcerieri, aspettava il sole la mattina, il sonno la sera.
Ogni conversazione era da tempo esaurita tra carcerati, da tempo avevano detto tutto sulle battaglie perdute, sul pane perfido, sull’acqua salata. Si insultavano in italiano, ma la lingua comune era il francese, lingua della corte e dei mercanti.

[Viktor Šklovskij, Marco Polo, cit., p. 258]