Ivan Puni

sabato 26 Settembre 2009

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Ivan Puni è l’uomo timido per eccellenza. Ha capelli neri, parla piano, suo padre era italiano. Ho veduto di questi timidi sullo schermo cinematografico.
Ecco un imbianchino che se ne va con una lunga scala sulla spalla. Modesto, silenzioso. Ma la scala urta i cappelli dei passanti, fracassa i vetri, ferma i tram, distrugge case.
Puni invece dipinge.
Se dovessimo raccogliere tutte le recensioni scritte su di lui in russo e spremerne il furore, si potrebbero raccogliere alcuni secchi di liquido molto corrosivo e inoculare con questo la rabbia a tutti i cani di Berlino.
I cani a Berlino sono 500.000.
Puni offende la gente perché non si beffa mai di nessuno. Dipinge un quadro, lo guarda, pensa: Io non c’entro, doveva essere fatto così.
I suoi quadri sono irrevocabili e obbligatori. Egli vede lo spettatore, ma è organicamente incapace di tenerne conto. Accetta gli insulti dei critici come un fenomeno atmosferico.
Fintanto che vive, conversa. Così Colombo navigando verso l’America non ancora scoperta, giocava a scacchi seduto sulla tolda.
Per ora Puni è un pittore per pittori. Questi non lo capiscono ancora, ma già s’inquietano.
Dopo la sua morte – non la desidero, sono suo coetano e anch’io solo, – dopo la morte di Puni, erigeranno un museo sopra la sua tomba. Vi saranno appesi i suoi calzoni e il suo cappello.
Diranno: guardate come fu modesto quest’uomo geniale, con quel cappello grigio calcato sulle sopracciglia, nascondeva i raggi che gli irradiavano dalla fronte.
Qualcuno scriverà qualcosa anche sui suoi calzoni.
Infatti, Puni sa vestirsi.
Attaccheranno al muro la bolletta del gas di Puni, la pagheranno proprio per questo. Chiameranno «punico» il nostro tempo. Possano coprirsi di lebbra tutti coloro che verranno a coprire le nostre tombe con le loro menzioni onorevoli.
A nome nostro opprimeranno le generazioni venture. È così che si fanno le conserve alimentari.
Riconoscere un pittore è il mezzo più sicuro per renderlo innocuo.
Ma forse un museo non ci sarà?
Faremo del nostro meglio.
Intanto Puni, con un sorriso cortese, dipinge attentamente i suoi quadri. Sotto la giacca grigia porta una furibonda volpe rossiccia, che lo mangiucchia a poco a poco. È molto doloroso, anche se da antologia scolastica.

[Viktor Sklovskij, La mossa del cavallo, Bari, De Donato 1967, pp. 103-105 (non c’è l’indicazione del traduttore)]