Intervista

mercoledì 17 Settembre 2014

scuola elementare di scrittura emiliana per non frequentanti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Volevo sapere che cosa ha rappresentato l’esperienza dei corsi per lei e come si è evoluta nel tempo. Ci sono allievi che hanno pubblicato? Che cosa cercano i partecipanti alle lezioni? Ci sono i loro esercizi nel libro…

I primi anni ero preoccupato e mi preparavo forse meglio, alle lezioni, adesso sto peggiorando, mi sembra. Ci sono allievi che hanno pubblicato e credo avrebbero pubblicato anche se non avessero fatto la scuola; una volta mi è venuto da dire che ero contento che la scuola non li aveva dissuasi dal pubblicare. Cosa cerchino non lo so, e mi vien da pensare che non gliel’ho neanche mai chiesto. Nel libro ci sono esercizi di trenta ex allievi.

Che cosa si intende per scrittura emiliana? Ci sono dei maestri di scrittura emiliana? (mi viene in mente Celati…). Perché questo libro?

Uno dei motivi per cui sono contento che sia uscito il libro è che ci sono i disegni di Yocci, che se non ci fosse stato il libro non ci sarebbero stati, e sarebbe un peccato. Non penso che si debba scrivere in emiliano (ci son state scuole di scrittura emiliana all’estero, a Milano, a Torino, a Genova, a Lugano, perfino), penso che si possa scrivere non soltanto con una lingua alta, colta, letteraria, nazionale, esemplare, ma anche con una lingua bassa, concreta, grossolana, la lingua degli autobus, delle sale d’aspetto, dei marciapiedi delle stazioni, perché quella, mi sembra, è la lingua dei romanzi, i cui personaggi non son sempre dei dottorandi in letterature comparate, e anche quando son dottorandi in letterature comparate non parlano sempre ostendando la propria condizione di dottorandi in letterature comparate, usano anche loro una lingua regionale, goffa, sgraziata, che, a guardarla bene, delle volte, è bellissima.

Che cosa si può insegnare rispetto alla scrittura e che cosa invece è talento? E come lo si riconosce? Cosa pensa del fatto che in moltissimi vogliono scrivere, in un paese dove si legge sempre meno?

Da quando ho cominciato a scrivere io leggo molto di più, e credo succeda così un po’ a tutti, e il fatto che in molti vogliano scrivere per me è una cosa positiva. Non so se si può insegnare a scrivere e non so niente del talento, so che noi ci mettiamo lì, alla modo infoshop, al lunedì sera, alle nove di sera, e arriviamo spesso che siamo stanchi, dopo un giorno di lavoro, e andiamo via, tre ore dopo, che non siamo più stanchi, ed è una cosa stupefacente.

 

[Su Repubblica Bologna dovrebbe essere uscita una riduzione di una intervista di Emanuela Giampaoli che ho copiato qua sopra nella sua forma integrale]