Imbrunire

venerdì 14 Gennaio 2011

Compito della parola: sul modello del Dizionario affettivo della lingua italiana, di Matteo B. Bianchi, scegliete una parola che vi piace e dite perché.

Nel sussidiario e nei libri che leggevo da piccola, bisognava sempre stare attenti all’imbrunire. All’imbrunire bisognava tornare a casa e all’imbrunire spuntavano tutte quelle creature della notte che di giorno non sono visibili e quindi ti dimentichi che esistano. Per molto tempo “l’imbrunire” l’ho immaginato come una soglia che bisognava attraversare con terrore e eccitazione. Nel mio dizionario privato ‘l’imbrunire’ era come il ‘barrito’ che era solo dell’elefante e il ‘garrito’ solo delle rondini, parole che infilavi nel tema se volevi fare bella figura con la maestra.
Poi, quando sono diventata più grande, ho cominciato a capire cos’era l’imbrunire mettendomi a osservarlo, e allora mi sono accorta che, per prima cosa, l’imbrunire era un verbo.
Io imbrunisco quando arriva la sera, tu imbrunisci pure tu, il tronco dell’albero imbrunisce in inverno, le foglie imbruniscono in autunno, e, forse non ci avete mai pensato, ma imbrunite anche voi ogni tanto.
In Olanda non potevo aspettare l’imbrunire in inglese ma solo in italiano, ché la parola corrispondente in inglese non c’era, e se c’era, era una parola corta, liscia e fredda. E invece a me di ‘imbrunire’ piace che è una parola morbida, che ti fa muovere le labbra e la lingua. E ti fa venire freddo.
L’imbrunire, nel mio dizionario privato, sta fra ‘brullo’ e ‘crepuscolo’, che sono altre due parole che mi piacciono. Il crepuscolo mi sa di crepe, di tombe, di polvere e di finestre in inverno. Il crepuscolo non lo vedi, lo senti dentro, e di solito è qualcosa che accade fuori mentre tu sei a casa. A una certa ora tutte le luci in casa si smorzano, si alzano le ombre e ti accorgi che devi accendere la luce, perché non ci vedi più. Ma ti mette l’angoscia l’idea di accendere la luce. Di già? È già notte? E allora resti lì nella camera buia a leggere nonostante il buio che si ispessisce. Rimani lì ostaggio del crepuscolo, a lottare contro una strana nostalgia che comincia a diffondersi dappertutto, sotto la pelle.
‘Brullo’ invece viene prima perché, come imbrunire, sa di terra. Il “terreno brullo” è un’altra di quelle soglie invalicabili della mia infanzia, che neanche lo visualizzavo un terreno brullo, e forse neanche mai lo avevo visto, ma inesorabilmente la parola brullo mi metteva freddo allo stomaco e mi faceva pensare all’imbrunire che cadeva sul terreno brullo, all’ora del crepuscolo.
(Viviana Vignola)

[Dal sesto quaderno della scuola elementare di scrittura emiliana, in preparazione (esce il 18 gennaio)]