Il ritorno

sabato 9 Maggio 2009

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Il ritorno dello Pseudo-Venantius

Un giorno uno studente di lettere classiche andò a chiedere la tesi a un professore potente e indaffarato. Il professore, giudicando con un’occhiata che lo studente non sembrava destinato a niente di particolare nella vita, gli assegnò una tesi sullo Pseudo-Venantius. Lo studente ci rimase male, perché una tesi sullo Pseudo-Venantius non aveva mai aperto la carriera di nessuno, ma era intimorito dal professore e non obiettò. Cominciando a studiare il poco materiale a disposizione, rimase affascinato dall’abisso di oblio in cui può cadere un essere umano, questo animale dotato di memoria. Si appassionò allo Pseudo-Venanius, dedicandosi alla tesi giorno e notte. Fece viaggi lunghissimi, ricerche massacranti, collazioni di testi che avrebbero sfiancato un’abbazia di filologi. Gli anni volarono via, i genitori trapassarono, i suoi amici fecero in tempo a sposarsi e a divorziare, il professore morì d’infarto tra le braccia di una studentessa, l’università venne trasferita, i confini della nazione furono modificati, ma lo studente continuava a lavorare alla sua tesi, abbagliato dallo Pseudo-Venantius come da una luce oscura, destinata solo a lui. Finì a fare un lavoro ignobile in una città volgare, miope e solo, poverissimo e disprezzato, felice di essere morto al mondo, in compagnia del suo segreto, della sua felicità, del suo autore.

[L’accalappiacani numero 3, cit., pag. 88]