Il lampione

domenica 15 Aprile 2012

Allora, posso dir tutto, non posso dire gli oponimi. Gli oponimi, mi han detto, niente.
Non so, Langhirano, per dire, io, se noi eravamo a Langhirano, non potevo dirlo, lo posso dire perché non ci siamo.
Mamiano, per esempio.
O Marano.
O Martorano.
Non potevo dirli, se ci eravamo.
Solo che non ci siamo, allora li dico.
Fornovo.
Fornovo è grande, eh?
Però quelli lì, anche Martorano, che uno che abita a Martorano, Dove abiti?, A Martorano, o a Basilicagoiano, quelli lì, anche Fornovo, o Fidenza, sono tutti in provincia di Parma, che io ci ho abitato, per un po’, in provincia di Parma, però noi non siamo, adesso, in provincia di Parma, allora li dico.
Però noi non siamo lì, siamo da un’altra parte che dove siamo, gli oponomi, non posso dirli.
Cioè posso dirli, gli oponimi, Australia, lo dico, ma non siam mica in Australia, secondo te?
Oceania.
Detto, non è mica successo niente. Perché potevo, posso, posso. Basta non dire dove siamo. Quello lì non lo dico. Gli oponimi veri, io, mi han chiesto di non dirli, io non li dico, Malandriano, invece, lo dico. Malandriano.
Quando da piccolo lo sentivo dire, Malandriano, io pensavo che c’eran le mucche. Chissà quante mucche, ci sono, pensavo. Ma qui non siam mica a Malandriano, eh no.
Se no, s’è capito, non potevo mica dirlo. Io siamo nel posto che non dico, in quel posto lì ci siamo.
Londra?
No, vedi che l’ho detto.
Siamo qui, siamo qui, io ci abito, ci sono anche nato, non siamo a Londra, non c’è nessuno, guardati in giro non c’è nessuno, vedi dei sikh?
Vedi dei sikh? Neanche un sikh.
Ci son stato a Londra, c’erano i sikh e la metropolitana, be’ qui di sikh non ce ne sono, e di metopolitane neanche, però a noi ci piace, cioè ci piace, ci piace un po’ per forza, ce lo siam fatti piacere, andiam molto a piedi, andiamo anche in macchina e anche col trattore, ma anche a piedi, che la tecnologia, la metropolitana, qui non ce n’è mica tanta, qui c’è dell’agricoltura, altro che la metropolitana, qui abbiamo ancora la massa, nel campo, altro che la raccolta differenziata, a noi, l’organico, ci serve, lo teniamo noi, noi ci viviamo, dentro l’organico, vedi qui, in tutto questo che vedi davanti a te, ecco di masse, a guardare da qua, ce ne son quindici, di lampioni, sai un lampione? Eh, c’è un lampione solo, che poi un po’ è quello che… ma forse anche no.
No, lì c’è tutta una storia, di mia moglie, cioè mia moglie, la Betta, che i nomi, però solo i nomi, non i cognomi, i nomi mi han detto che li posso anche dire, allora li dico, mia moglie si chiamava Betta; cioè si chiamava, si chiama, non è mica morta, poveretta; cioè poveretta, lei poi sta bene, secondo me, o meglio, le sembra, di star bene, che andare lì dentro, fichi, in quella testa lì, aveva un carattere, poveretta, cioè, poveretta, no, i suoi erano anche dei signori, vendevano i gelati, ma non che avevano una gelateria, avevano proprio una fabbrica, niente di grosso, ma le han lasciato dei bei soldi, che lei li ha saputi far fruttare, che è sempre stata intelligente, oltre che una bella donna, ma con un carattere, fichi, aveva un carattere, cioè aveva, ce l’ha ancora, aveva un carattere che da un lampione ha fatto venir fuori l’ira di Dio.
Eppure quando è venuta qua, dopo che ci siam sposati, sembrava anche contenta. Eravam venuti qua, era stata lei, a decidere, io per me andavo anche stare a Malandriano.
A me mi sarebbe piaciuto, abitare a Malandriano, chissà quante mucche.
Che per fare i gelati, poi ci voglion le mucche, no? Sì. Anche se uno di solito non ci pensa.
Be’, adesso io, tutte le volte che vedo una mucca, penso ai gelati.
Io, comunque, non mi sposo mica più, secondo me.
Lei era già stata sposata anche un’altra volta, e invece per me, io, era la prima volta, e secondo me, io, adesso non voglio mica dire, ma sposarmi una seconda volta, non ci penso tanto, che io non pensavo, che quella cosa lì, a me, mi succedeva quello che poi mi è successo.
Che io, forse ero io nella mia testa, ma io, nella mia testa, mi son messo contro tutto il paese. Forse ero io che mi immaginavo, ma a me mi sembrava, dopo che mi ero sposato, che eran diventati tutti stranissimi, avevan cominciato anche a chiamarmi l’americano, l’americano, l’americano, ma cosa volete? Cioè io son di qua, non posso mica dire di dove, cioè son stato anche a Parma, per un po’, però non mi han mai detto il parmigiano, invece lì, l’americano, l’americano, ma l’americano cosa? Secondo me eran gelosi.
Che poi un po’ era anche lei, aveva una macchina anche un po’ vistosa, era anche per quello, credo. Un po’ costosa, anche. Non dico la marca che non sta mica bene.
E anche lei era un po’ vistosa. La Betta.
Ma era poi un po’ tutto, cioè che era una donna bella, elegante, di città, con dei soldi, non lo so, era una che li metteva un po’ in soggezione, secondo me, metteva in soggezione anche me, delle volte, e un po’ erano anche gelosi, secondo me, che a me qui non mi han mai considerato poi molto, e forse hanno anche ragione, non so, però alla Betta, io, è stato strano anche per me, le son proprio piaciuto, e finché eran gelosi io ero contento, e non era quello, era…. è stato quando ha cominciato a essere lei, gelosa… e ha cominciato col lampione.
Che qui, come ho già detto, mi sembra che l’ho già detto, in tutta la valle c’è solo un lampione, e quel lampione lì, cioè, per accenderlo, e per spegnerlo, non è che lo accende e lo spegne il comune, dalla sede comunale che è più in là, verso coso lì, non si può dire, non si vede neanche, da qui, è dietro di là, verso coso lì, il comune, ma il lampione non lo accendon da lì, fin da quando son piccolo io, da sempre, han dato da sempre l’incarico alla famiglia della Gina, adesso io non posso dire i cognomi, la famiglia della Gina, che ha quella casa lì, sulla strada, quella lì.
Allora la Betta, mia moglie, lei, non so perché, lei pensava che dovevamo esser noi. Che noi, diceva, eravam la famiglia più ricca, dovevamo esser noi.
Che io, non lo so.
Io, cioè adesso che io mi ero sposato con lei, forse eravamo anche i più ricchi, ma, altrimenti, non siam mai stati i più ricchi, noi. Forse Vitori e la Vanna, sono i più ricchi. Ma forse. Che questo è poi un posto che di ricchi, non ce ne son mica tanti.
I ricchi, i signori, non si vedono mica, da qua, son di là, oltre coso, lì, non si può dire, che di là, altro che un lampione, lì ci han tutte delle luminarie che, fichi, doverle accendere e spegnere una per una sarebbe un mestiere, quello.
Ma lei niente, diceva che comunque, adesso che io ero sposato con lei, eravamo noi i più ricchi. E io le dicevo che non si faceva così, che non è che se si trasferiva uno più ricco di noi gli davano il lampione da gestire a lui.
Che poi, tra l’altro, non prende mica dei soldi, la Gina, per fare quel mestiere lì, cioè lei deve accendere il lampione di sera e spegnerlo il mattino che è anche un fastidio, volendo, ma lei, la Betta, mia moglie, non so come mai lei pensava che era come un’offesa, che dovevamo esser noi.
Che casa nostra, tra l’altro, è anche lontana, dal lampione, casa della Gina è proprio lì sulla strada, ma lei diceva Da qui si vede meglio. Che io, non lo so… secondo me si vede meglio da là. È più vicino, come fai a veder meglio da qua che è più lontano? No, era proprio, che l’aveva presa su così.
Perché, lei, poi, tra l’altro, era laureata, e qui, noi, cioè, io ho fatto l’Itis, la Gina ha la terza media, e poi, in generale, noi siam della gente, tranne quelli che vengono dalla città, come Vasco e Rosina, gli altri, tra noi, parliamo quasi in dialetto, cioè noi siamo poi della gente alla buona, invece lei, la Betta, mia moglie, dovevi stare attento, a come parlavi, con lei.
Non so delle volte io dicevo Fichi, che lo dico, delle volte, ho imparato a Parma, qui non lo diciamo, noi, diciamo piuttosto Zio canta, cioè gli altri dicon Zio canta, io dico Fichi, che a me, cosa vuoi che ti dica, mi sembrava anche più distinto, e lei invece diceva che era un bruttissimo Femismo.
Che anche Zio canta, diceva, era un femismo.
Che io, cosa sia un femismo, devo dirti la verità, non l’ho ancora capito. Gli oponimi, li so, i femismi no.
Che, se dovessi dire, a pensare le donne qui della valle, la Pepa, la Vanna, l’Elide ,la Rosina, la Stefania, la Renata, l’Amelia, la Serena, l’Ausilia, la Ruseina, la Sara, la Mariuleina, la Loredana e anche la Gina, ecco lei, secondo me, mia moglie, era la più femista di tutte. Non l’ho mai vista con la gonna, ma mai, eh?
Eppure son suo marito. Cioè lo son stato.
No no, non era mica una storia che poteva continuare. No no.
Che un po’ m’è dispiaciuto, eh?
Però, fichi, adesso che non c’è più nessuno che mi fa osservazione a come parlo, fichi, a come mi vesto, che non c’è più nessuno che mi dice che non mi faccio rispettare, che non mi accorgo che mi prendono in giro, che io proprio non me ne accorgevo, e, ancora adesso, non so neanche se è vero, e anche se fosse vero che mi prendono in giro perché ho una moglie bella, che poi non ce l’ho più, e anche un po’ femista, che quello è vero, era più femista lei di me, che io di comandare non mi ha mai interessato tanto, che comandare, è come per il lampione, è più un fastidio che altro, be’, anche se fosse vero, a me non mi interessa, secondo me.
Mi prendono in giro?
Be’, che mi prendano in giro.
Si stancheranno poi. E se non si stancano, affari loro. A me cosa mi interessa? Mi chiamano l’americano? Che mi chiamino l’americano.
Si sbagliano. Non son mai stato, in America, io.
Son stato a Londra. Kensington, Camden Town.
Si mangia anche bene.

[Paolo Nori, Il lampione, in Vittorio Corsini, tra voci, carte, rovi e notturni, a cura di Marco Pierini, Cinisello Balsamo, Silvana editoriale 2012, pp. 58-62].