Il francese

mercoledì 5 Settembre 2018

In una serie televisiva americana del 2013, The Americans, ambientata negli anni ottanta, c’è un colonnello del Kgb che racconta che, nella strada principale di Mosca, ulica Gor’kogo (che adesso si chiama Tverskaja), una donna entra in un ristorante e chiede: «Non avete della carne?», e il ristoratore risponde «La carne non ce l’hanno nel ristorante di fronte, qui non abbiamo il pesce».
Era un periodo, il periodo in cui io ho conosciuto Mosca, e la Russia (che era ancora, per qualche mese, una delle Repubbliche Socialiste Sovietiche), che nei negozi non si trovava niente, la vodka, la carta igienica, il pane, e uno come me, che veniva dall’occidente, veniva considerato uno che veniva dal progresso, da un posto in cui le cose funzionavano.
Il fatto che, in quel periodo, mancasse, tra le altre cose, la vodka, che, in Russia, non è un bene accessorio, è un bene essenziale, indispensabile, fondamentale, il centro attorno al quale ruota l’intera gastronomia russa, mi viene da dire (anche se non sono un esperto di gastronomia e se questa, forse, è un’affermazione un po’ azzardata) era un fatto, l’assenza della vodka, che comportava delle conseguenze, per esempio il fatto che, dovendo bere qualcosa, si beveva l’acqua di Colonia, che costava poco, si trovava, e produceva un effetto simile, a quello prodotto dalla vodka.
E questa cosa, il dover bere acqua di Colonia invece di qualcosa come si deve, aveva alimentato, tra i russi, un certo senso di inferiorità nei confronti del mondo occidentale, senso di inferiorità espresso, all’epoca, in una celebre canzone di un gruppo che si chiama Nautilus Pompilius; la canzone si intitola Vsgljad s ekrana (Sguardo dallo schermo) e il suo protagonista è Alain Delon, il celebre attore francese; il ritornello fa così: «Alain Delon, Alain Delon, non beve Eau del Cologne; Alain Delon, Alain Delon, beve dei gran bourbon; Alain Delon, lui parla il francese».

[La grande Russia portatile, prima presentazione domani a Castelsardo, se riesco a arrivare]