Il censore

lunedì 20 Luglio 2009

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E, più semplicemente, non pronunciamo forse qualche volta la parola “dio” o “Dio” con tali sfumature e in momenti tali della nostra situazione personale, ovvero della realtà che ci circonda, da non richiedere affatto che si evochi quella specifica predicazione, o quei precetti particolari e nomi concreti, che l’apostolo Paolo importò a Roma? Oh sì, è un fatto!

Quando la campagna ingiallendo ondeggia
E il bosco novello risuona nel rumore del vento
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Allora si placa l’ansia della mia anima…
E nei cieli io vedo Iddio.

Che strani versi! Se il censore, esaminandoli prima di approvarli, avesse proposto all’autore di correggere l’ultima riga nel modo in cui san Paolo predicava, e cioè scrivendo: “e nei cieli io scorgo Cristo Gesù”, Lermontov, sgomento, impaurito, avrebbe riportato la poesia a casa e, dopo aver meditato a lungo, alla fine avrebbe preferito non stamparla affatto, anziché introdurre una correzione non conforme al suo stato d’animo e all’argomento dei versi.

[Vasilij Rozanov, Da motivi orientali, a cura di Alberto Pescetto, Milano, Adelphi 1988, p. 43]