Il calendario del popolo
[Sul numero 752 del calendario del popolo, che esce oggi, c’è un estratto del discorso sui 150 dell’unità d’Italia che ho fatto a Carpi in marzo (e, un po’ cambiato, a Custoza in luglio). Metto qua sotto l’inizio]
Buongiorno.
Quando m’han chiamato, l’assessore alla cultura, che mi hanno chiesto di fare questo discorso musicato, io, prima di tutto, non mi ero accorto del titolo, di questo discorso, proprio non ci avevo fatto caso, e devo dire che il titolo, Un senso a questa storia, non che sia un brutto titolo, solo che, secondo me, se uno scrive una cosa, uno sforzo che dovrebbe fare, almeno, di inventarsi un titolo, o di trovare un titolo che venga fuori almeno dalle cose che legge, non prendere un titolo di un altro, allora la prima cosa che volevo dire è che questo discorso, che su tutti i volantini e la comunicazione anche in rete come titolo si intitola Un senso a questa storia, in realtà, ha un altro titolo, si chiama, appunto, Una seggiola e una forchetta.
Dopo, volevo dire che la prima cosa che ho pensato, quando ho pensato a questo discorso, è che se mi avessero chiesto dieci anni fa di fare un discorso sull’Unità d’Italia, io probabilmente avrei trovato delle scuse per rifiutare, che a me, devo dire, dieci anni fa, dell’unità d’Italia, non so come dire, non è che fosse un argomento che mi appassionava. Non so cos’è successo, nel frattempo. Di cose, nel mondo, in questi ultimi dieci anni, ne son successe tante, e tra le tante è successa anche una cosa per i più insignificante cioè il fatto che è venuta al mondo una bambina, che chiameremo convenzionalemnte La Battaglia, che è venuta al mondo sei anni fa che io quando l’ho vista venir fuori, in sala parto, sei anni fa, io la prima cosa che ho pensato, mi ricordo, è stato Merda, è uguale a me.
Ecco io quando mi ha chiamato l’assessore per chiedermi questa cosa di fare un discorso sull’Unità d’Italia io un’altra cosa che ho pensato è stata che la Battaglia una volta, tipo tre anni fa, quando aveva tre anni, che aveva scoperto di essere italiana, lei diceva Io non sono italiana, io non voglio essere italiana.
Che io non lo so come mai, una cosa del genere, adesso magari glielo chiedo, oggi pomeriggio devo andarla a prendere a scuola, oggi pomeriggio è venerdì 11 marzo, cioè sei giorni prima di questa giornata che festeggiamo l’unità d’Italia, mi son ridotto un po’ all’ultimo, a scrivere questo discorso, ma io, devo dire, dell’unità d’Italia, di Mazzini, di Garibaldi, dei Savoia, del Piemonte, del Regno di Sardegna e delle guerre d’indipendenza ne sapevo pochissimo, ho dovuto legger dei libri, cioè, dei libri, ne ho letto uno, Il risorgimento e l’unificazione dell’Italia, di Derek Beals e Eugenio F. Biagini, che non sapevo neanche se eran bravi, mi son un po’ fidato, insegnano a Cambridge, pubblicati dal Mulino, sono andato un po’ a naso, Insegnano a Cambridge, ho pensato, saran bravi, dopo ho chiesto a un mio amico storico mi ha detto che Beals lui non lo conosce ma che Biagini è bravo, e serio, Meno male, ho pensato, l’avevo già letto quasi tutto, e quello è stato l’unico libro che ho letto quasi tutto, gli altri un po’ li ho consultati, che io, cosa volete, ho studiato lingue e letterature straniere, in particolare lingua e letteratura russa, se mi chiedevate dell’unità della Russia, a pensarci, potevo fare un discorso magari un po’ più articolato, che adesso, capisco, voi potreste anche obiettare, Ma se non ne sai niente, dell’unità d’Italia, perché hai accettato di fare un discorso sull’unità d’Italia, va in Russia, fatti invitare quand’è l’anniversario dell’unità della Russia e fai un bel discorso sull’unità della Russia, e avreste anche ragione, a obiettare così, solo che, secondo me, se mi invitassero a fare un discorso sull’unità della Russia, e io accettassi, e accetterei, secondo me lo comincerei dicendo: Io, dell’unità della Russia, non ne so mica niente, e sarebbe anche vero, perché io, non so voi, ma io, non so mica niente, e le cose della quale mi piace di più parlare, anche in pubblico, son proprio le cose che non so, cioè di niente, o di tutto, non so mica niente, quindi mi piace parlare di tutto, e allora posso parlare anche dell’unità d’Italia, ma per capire, per sapere, per farmi delle domande, e adesso la Battaglia, lei diceva che non era italiana, che non le piaceva essere italiana, a me mi viene da chiedermi ma io, a me, mi piace, essere italiano? E cosa vuol dire essere italiano? Cioè cos’è l’Italia? E l’Italia, quello che è, è nata 150 anni fa? Allora perché Dante, nel 300, scrive Ahi, serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincia ma bordello? E perché l’Ariosto, nel 500, scrive: Troppo fallò chi le spelonche aperse, che già molt’anni erano state chiuse; onde il fetore e l’ingordigia emerse, ch’ad ammorbare Italia si diffuse? E perché Leopardi, nel 1818 scrive: Formosissima donna! Io chiedo al cielo E al mondo: dite dite: chi la ridusse a tale? E questo è peggio, che di catene ha carche ambe le braccia; sì che sparte le chiome e senza velo, siede in terra negletta e sconsolata, nascondendo la faccia tra le ginocchia, e piange. Piangi, che ben hai donde, Italia mia, le genti a vincer nata, e nella fausta sorte e nella ria.