Gli scarti

lunedì 21 Maggio 2012

Io mi rendo conto che io come persona io non son mica adatto, al mondo sofisticato della letteratura. Io come persona mi sembra di essere, rispetto al mondo della letteratura, quello che era rispetto al mondo del football Nereo Rocco del Padova. Non come Nereo Rocco, che Nereo Rocco con il suo Padova ha scritto delle pagine indimenticabili, nel mondo del football, non in quel senso nel senso dei risultati, nel senso dello stile.
Nereo Rocco in origine era un bambino di Trieste che era figlio di un macellaio. Suo babbo, di Nereo Rocco, aveva fatto tanti di quei soldi con la macelleria che voleva che il figlio assumesse dei modi signorili, adatti al tenore sociale che la famiglia Rocco aveva acquisito grazie ai proventi delle vendite di carni equine bovine ovine suine. Gli aveva imposto di prendere lezioni di piano, a Nereo, e sognava per lui un futuro da concertista. Solo Nereo, nonostante le velleità di suo babbo, aveva fisicamente proprio la conformazione del macellaio, con delle dita che sembravano dei culatelli non riusciva a schiacciare un tasto alla volta, ne prendeva due o tre. Poi a lui gli piaceva giocare a pallone a dispetto della volontà paterna, come si dice, si diede al football.
Il football, prima della comparsa di Rocco, era uno sport per gentiluomini tutti impettiti vestiti di bianco molto rigidi nei movimenti molto eleganti molto sportivi. Dopo è arrivato Nereo Rocco. Nereo Rocco, con il suo Padova, lui ha inventato il catenaccio, undici in difesa e via di contropiede. Era una squadra che li chiamavano i manzi, una squadra che giocarci contro ti veniva una rabbia, raccontano quelli che son capitati a Padova in quegli anni lì. Raccontano anche che ai suoi difensori lui gli diceva, Nereo, Tutto quello che si muove sull’erba, colpitelo. Se poi è il pallone, diceva, pazienza.