Gli anni

giovedì 14 Giugno 2012

È uno sbaglio, che non debbano capire che è uno sbaglio, che lo fanno anche gli uomini, non lo fanno solo le donne, di calarsi gli anni, io ne ho conosciuto più d’uno, non vogliono invecchiare, e credono, che invece così è peggio, tutto l’opposto bisogna fare, non ci arrivano, invecchi meno se te li aumenti, gli anni, io anche da giovane, quando avevo trent’anni, «Quanti anni hai?», «Trentacinque», «Porca masola, già trentacinque, non te ne davo nemmeno trenta», nemmeno trenta, meno di trenta, hai capito? se te li cali tu, è una bugia, gli anni, te li devono calare gli altri, calarteli e farti i complimenti, adesso io ne ho sessantuno e dico sempre che vado per i sessantanove, che rimangono, tutti: «No, davvero? Ma va’ là, sessantanove? Hai una faccia, te ne darei, a dir poco, dieci di meni, anche dieci dodici», in modo che raggranelli due tre quattr’anni, poi c’è da fare un altro discorso, che pare così, ma se sono sessantuno e dici che sono sessantanove, sono otto anni che hai ancora da campare, ma siccome hai detto che li hai campati, sono otto anni che, in un certo senso, ci hai messo una mano sopra, è, come si può dire? Una prenotazione, sempre in un certo senso, ma per tornare al discorso di prima, io voglio fare un esempio che non sta in piedi, una cosa esagerata, che non si può, che è da ridere, ma si fa per parlare, metti che tu abbia settant’anni, ti domandano: «Quanti anni hai?», e tu rispondi: «Novantadue», che l’altro rimane: «Ehi, mi prendi per il culo?», «Ne ho novantadue», «Non ci credo», «Non crederci», «Porca paglia, a novantadue anni, ma sei un ragazzo!», ecco, quel che voglio dire, io, che l’ho detto, l’ho detto fino adesso, però capisco, sì, è una cosa che, in un primo momento, uno può dire: come, già che ne ho tanti, e me li devo anche crescere? Pare che non stia in piedi, invece è una cosa che non sbagli, non puoi sbagliare, parlo per esperienza, ma poi ci vuol poco a far la prova, prova, prova anche tu, vogliamo scommettere? Arrivi, si fa sempre per dire, che a settant’anni addirittura puoi diventare un ragazzo.

[Raffaello Baldini, Intercity, Torino, Einaudi 2003, pp. 53-55]