Gelosia

venerdì 8 Novembre 2019

C’era uno che abitava a Parma, un inverno si era iscritto a un corso di scrittura a Bologna e faceva avanti e indietro in treno. Al corso leggevano Anna Karenina e facevano dei compiti, un compito era stato:
Raccontate una volta che siete stati gelosi, o che qualcuno è stato geloso di voi, o che qualcun altro è stato geloso di qualcun altro.
Questa era stata la sua soluzione.
Anna si avvicinò a Vronskij e si aggrappò al suo braccio, vi appoggiò la testa scarmigliata e guardandolo dal basso disse: “Partiamo bàtjuska, partiamo; portami lontano, in Italia voglio andare, in Italia!”
“Ma, così, su due piedi: ho la parata del reggimento la settimana prossima.”
“O bàtjuska, portamici, portamici!”
“E va bene. Dove vuoi andare di preciso?”.
“Non so…” e dopo aver fatto volteggiare le pupille grigie e scintillanti Anna disse “facciamo una pazzia, compriamo il parmigiano per Stiva e Dolly, andiamo a Parma!”.
“A Parma?” ripetè sorpreso Vronskij.
“Sì. A Parma, a Parma!”

Si precipitarono a preparare i bagagli e in un baleno si diressero in stazione a prendere il Pietroburgo-Bologna.
Erano le 23,30 di un martedì di febbraio quando arrivarono alla stazione di Bologna; Vronskij cercò subito la coincidenza sul tabellone che troneggiava nella sala principale e disse ad Anna “Annuska, che fortuna, c’è una coincidenza per Parma sul binario 1 alle 0,46 e arriviamo alle 2,09.”
“Perfetto” disse Anna veleggiando eretta verso il binario 1.
C’era un clima stranamente mite quel febbraio. Alessandro uscendo dal laboratorio di via Santa Margherita non si era messo né guanti né cappello, e come tutti i martedì sera si avviava mesto verso lo stazione di Bologna a prendere il treno per tornare a casa, a Parma.
Arrivato al binario 1 salì sul treno e vi si accomodò. Era lì in attesa che la locomotiva si muovesse e, interrogandosi su un mucchio di questioni e dandosi pure un sacco di risposte, guardava la propria immagine riflessa nel finestrino, maledicendosi. A un tratto una briosa risata femminile echeggiò nel vagone, Alessandro si voltò e vide Anna.
“Vieni Aleksej, sediamoci qui, vicino al controllore che se ci sbagliamo ci dà una mano, vero signor…?”. Anna guardò dritto negli occhi Alessandro, come a invitarlo a presentarsi. Alessandro, un pò confuso, disse ”Alessandro mi chiamo, Alessandro, ma non sono il controllore!”. E ancora una volta il vagone si riempì di quell’incantevole suono che era la risata di Anna.
Anna si sedette vicino ad Alessandro. Vronskij, aggrottandosi, si sedette di fronte ad Alessandro aprendosi in un sorriso fatto più che altro per mettere in mostra i bei denti ordinati, di rimando Alessandro gli fissò gli occhi sull’incipiente pelata.
“Ma ditemi Alessandro caro, chi siete, che fate?” chiese Anna guardandolo con crescente interesse.
“Mah, niente di speciale” rispose timidamente Alessandro, e un pò per celia e un pò perché era vero aggiunse “sono sposato e mia moglie dice che sono peso come il tuono.”
“Cosa?” disse Anna improvvisamente incuriosita da quello strano motto. Alessandro provò in inglese: “Heavy like a thunder”. Anna diede un’occhiata interrogativa al meditabondo Vronskj che le disse ” Hai presente Aleksej Aleksàndrovic? Bè, lui”, rivolgendosi raggiante ad Alessandro, “è peggio!”. Anna allora si risolse in un’altra sonora risata e disse “Ah les Italiens, quelle ironie!” e Vronskij incrociando le braccia sotto l’ampio torace che si gonfiava sorrise cupamente ad Alessandro serrando i denti.
“Ma dites moi, bàtjuska” chiese Anna ad Alessandro “noi siamo diretti a Parma a comprare il parmigiano per la mia belle soeur; ve ne intendete di parmigiano?”
“Certo”, rispose solerte Alessandro, “a Selvapiana di Canossa, che a dire il vero è in provincia di Reggio, ho giusto comprato un 35 mesi, vacche rosse, vaches rouges, a 13 euro al kilo!” esclamò soddisfatto.
“Che intenditore!” fece Anna. “Eh” fece Alessandro arrossendo un poco.
Allora Anna, improvvisamente, come colta da una forza che eccedeva la propria volontà, prese a stringere con entrambe le sue splendide mani il braccio di Alessandro e supplicandolo disse “Mi ci accompagnerete Alessandro, vero? mi ci accompagnerete bàtjuska a Selvapiana di Canossa?”.
Vronskij non resse, furente si alzò e attrasse a sé Anna, il treno rallentava, squillò il cellulare di Alessandro, era la moglie, “Pronto “ disse lui, “Dì la verità stavi dormendo” disse lei.
“No te lo giuro non stavo dormendo, anzi ti posso chiamare tra cinque minuti che sono occupato?”
“Cosa vuoi essere occupato alle due di notte sul regionale per Parma? Cosa stai combinando?”
“Niente, niente, stai tranquilla, ti richiamo dopo” disse Alessandro chiudendo in fretta il telefono.
Vronskij e Anna erano già in fondo al vagone, Anna diede un ultimo sguardo scintillante ad Alessandro e trascinata da Vronskij verso la porta automatica del treno che proprio in quel mentre si apriva scese. Alessandro si precipitò a inseguirli ma quando fu dinnanzi alla porta questa si richiuse inesorabilmente e il treno riprese la sua corsa. Ad Alessandro non restò che guardare dal finestrino Anna e Vronskij che si allontanavano sul binario dimenandosi, allora premette la fronte sul freddo finestrino e con un fil di voce disse ciò che era ineluttabilmente accaduto: “A Sant’Ilario siete scesi, a Sant’Ilario.”

[Dal Repertorio dei matti della letteratura russa, redazione di Bologna, questo matto è di Alessandro Cimaglia]