Forse non sanno che non ci interessa

lunedì 5 Maggio 2014

Con mia figlia, che ha nove anni e che chiamiamo la Battaglia, la scorsa settimana siam stati a Roma; siamo andati per vedere il Colosseo, e ho comprato i biglietti in rete, un adulto e un gratuito, e un biglietto gratuito, per il Colosseo, a comprarlo su internet costa 4 euro, ho scoperto. L’ho detto alla Battaglia che si è meravigliata che a Roma, i romani, usassero anche loro gli euro. Pensava che usassero le monete romane. In treno, quando hanno annunciato che il treno stava per partire e che eventuali accompagnatori dovevano abbandonarlo, la Battaglia mi si è avvicinata e mi ha detto, piano, in un orecchio: «Forse non sanno che non ci interessa». Quando siamo arrivati, avevamo un albergo a pochi minuti dalla stazione, siamo andati a piedi e nel tragitto, a un certo momento, non so perché, c’era un gran odore di cacca di cavallo che la Battaglia ha fatto una faccia disgustata e ha detto «Non avrei mai immaginato che Roma fosse così». La prima cosa che ha fatto quando siamo stati nella stanza d’albergo, la Battaglia, è andata a vedere se c’era la vasca, che a lei, far questi giri con me andare a vedere i musei le piace soprattutto perché può fare il bagno nella vasca, che a Bologna a casa nostra abbiamo solo la doccia. Dopo siamo andati al Colosseo abbiamo fatto il nostro giro abbiamo scoperto che il Colosseo è ridotto così perché per un certo periodo l’avevano chiuso lo usavano come cava di materiale; cioè se avevano bisogno di mattoni per fare, per esempio, San Pietro, non ne compravan di nuovi, prendevano i mattoni del Colosseo usavano quelli. Dopo ci siamo un po’ stancati, di Colosseo, siamo scesi ai fori imperiali e tra il Colosseo e i fori imperiali c’erano un po’ di signori vestiti da antichi romani, «Cosa fan quelli?» mi ha chiesto la Battaglia, «Le fotografie, – le ho detto io, – le vuoi fare?», le ho chiesto, «No», mi ha risposto lei. Dopo siam passati in mezzo ai fori imperiali, belli, siamo usciti in alto dal Campidoglio siamo poi scesi in piazza Venezia c’era ancora un signore vestito da antico romano «Ti piacerebbe fare quel mestiere lì?», ho chiesto alla Battaglia, «No», mi ha risposto lei. Dopo siam saliti su un taxi che davanti, con il tassista, c’era un suo amico che ascoltavano Tutto il calcio minuto per minuto e lo commentavano e il tassista a un certo punto ha detto «L’importante è che perde la Roma». E io, dietro, con la Battaglia che aveva appoggiato la testa sul finestrino, e con intorno una città sconosciuta e, sotto, la sensazione di sentirsi grande, a cinquantun anni, lì io mi ero ricordato di una volta, a Reggio Emilia, che mi avevano fatto un’intervista mi avevano chiesto che cosa cambia, con la cultura, e io avevo risposto che, per me, quando leggevo un libro che mi piaceva, nel momento che lo leggevo avevo l’impressione che il mondo fosse più mondo, e che la cultura, ammesso che serva a qualcosa, forse serviva a quello, a far diventare il mondo più mondo, e poi ero tornato a Bologna, avevo ripreso la mia bicicletta, ero andato a prendere la Battaglia l’avevo caricata sulla bicicletta e lei, sul seggiolino dietro, si era alzata appena sulle gambe, in modo da riuscire a vedere sopra la mia testa quel tratto di via Saragozza dove comincia la discesa del Meloncello, quei pezzetti lì in bicicletta che senti l’aria in faccia, e intanto diceva: «Oh, che bel mondo, che bel mondo».

 

[Uscito mercoledì scorso su Vanity fair]