Erano belli i cani

mercoledì 19 Ottobre 2011

Un popolo strano, ridanciano, dedito al brigantaggio. Erano belli i cani. Nessuno accettava denaro cartaceo, volevano monete di sale. Indossavano pelli di animali o abiti di cotone grezzo. Qui bisognava portare il sale, il khan ne aveva molto; lo facevano evaporare dall’acqua marina oppure pompavano la soluzione salina da profondi pozzi. Bisognava portare là tessuti di poco prezzo, e se ne sarebbe potuto esportare cani grossi come asini e turchesi.
Vigeva da quelle parti una strana usanza.
Una ragazza non valeva nulla se non era giaciuta con molti uomini. Quando arrivavano stranieri e mettevano su le tende, venivano le vecchie del villaggio a portare le figlie, e così portavano venti, quaranta donne.

E quando il mercatante hae fatto il suo volere, e’ conviene che ‘l mercatante le doni qualche gioia, acciocché possa mostrare come altri hai avuto affare seco. E quella ch’hae più gioie è segno che più uomeni sono giaciuti con essa, e più tosto si marita. E conviene che ciascuna, anzi che si possa maritare, abbia più di venti segnali al collo, e quella che n’ha più è tenuta migliore, e dicono ch’è più graziosa che l’altre.

Molte donne furono portate a Marco Polo ed egli annotò nel suo libro che bisognava andare lì da giovani, fra i sedici e i ventiquattro anni.
Marco Polo non ne aveva di più.
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Poi Marco Polo si rimise in viaggio. Giunse al paese d’Ardanda, corrispondente al cinese zardandan (denti d’oro), dove la gente aveva denti d’oro e dove, quando la moglie partoriva, il marito si metteva a letto e urlava più della donna, dopo di che riceveva le congratulazioni e stava coricato come fosse stanco, a riprova che il figlio era suo. In quel paese non c’era più scrittura, la moneta era aurea, gli spiccioli erano conchiglie.

[Viktor Šklovskij, Marco Polo, cit., p. 139-140]