Epitteto
Certo è difficile unire e conciliare queste cose, la vigilanza di chi si sente attratto dagli oggetti e la fermezza d’animo di chi rimane indifferente, tuttavia non è impossibile: se no, sarebbe impossibile essere felici. È un po’ come quando navighiamo. Che cos’è in mio potere? Scegliere il pilota, la ciurma, il giorno, il momento opportuno. Poi scoppia una tempesta. In che più mi riguarda? La parte mia l’ho compiuta. Questo è affare d’un altro, del pilota. Ma oltre ciò, la nave s’affonda. Che ci posso fare io? Solo quel che è in mio potere posso fare: annegare senza aver timore, senza gridare, senza incolpare Dio, ben sapendo che chi è nato ha da morire. Non sono mica eterno, ma un uomo, parte del tutto, come l’ora è parte della giornata. Devo giungere come l’ora, e come l’ora scomparire. Che mi importa come scompaio, se per annegamento o per febbre? In uno di questi modi: devo pur scomparire.
Potrai notare che si comportano così anche i bravi giocatori di palla. Nessuno di loro si metta discutere sulla palla, se è buona o cattiva, ma sul modo di lanciarla o di prenderla.
[Epitteto, Diatribe e frammenti, cit., pp. 93-94]