Edizione economica

martedì 7 Maggio 2013

Švejk, Hašek, economico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[ho visto ieri sera che è uscita l’edizione economica di Švejk, rimetto qui un pezzetto che avevo scritto alla fine del 2010, quando il libro era uscito nei Milleni]

La prima volta che ho letto Le vicende del bravo soldato Švejk ero in transiberiana, da Mosca andavo a Vladivostok, sette giorni di treno, avevo preso con me i due volumetti dell’edizione dell’universale economica Feltrinelli che era l’unica in commercio allora (era il 2002), 846 pagine tradotte in parte da Renato Poggioli in parte da Bruno Meriggi e, non è che sul treno ci fosse tanto da fare, avrei voluto che il romanzo durasse di più, anche il doppio, a un certo punto avevo pensato di rileggerlo, poi avevo fatto conoscenza con qualcuno dei miei compagni di viaggio e avevo cominciato a perdere una serie considerevole di partite a scacchi, e a rifiutare una serie considerevole di offerte d’affari (nel campo della moda e della ristorazione, prevalentemente) e a vuotare una serie considerevole di bicchierini di vodka, anche se non bevo, ma in Russia in generale, e in trasiberiana in particolare, per non bere ci vuole una motivazione più seria del fatto di essere astemi, mi sembra, perlomeno a me succede così.
La seonda volta che ho letto Le vicende del bravo soldato Švejk è successo in questi giorni, nel dicembre appena trascorso, subito dopo che mi ero accorto che ne era uscita una nuova edizione, e una nuova traduzione, per Einaudi, a cura di Giuseppe Dierna, 987 pagine in un unico volume, con le illustrazioni originali a colori di Josef Lada (c’erano anche nell’edizione Feltrinelli, ma in bianco e nero), e anche questa volta avrei voluto che il romanzo durasse di più, e mi sono andato a riprendere anche altre cose di Hašek che avevo in casa: Racconti, a cura di Sergio Corduas, pubblicato da Mondadori nel 2006, La vera storia e il programma originale del Partito del Progresso Moderato nei Limiti della Legge, che ho in una stranissima edizione Graphos, senza l’indicazione del traduttore, e un libretto di saggi di Bohumil Hrabal, Spaccone all’infinito, Hestia edizioni, in cui mi ricordavo ci fossero delle cose su Hašek, e intanto che leggevo e cercavo mi son venute in mente un sacco di cose, a cominciare da una storia di Ugo Cornia, la decima delle cento Storie di mia zia, quella che racconta che una notte la zia Maria era andata a avvisare la famiglia di Ugo che eran due ore che la zia Bruna faceva degli strani mugolii nella sua camera da letto (era un periodo che la zia Bruna diceva che prima o poi si ammazzava), e che secondo lei erano due ore che piangeva, e la madre di Ugo era entrata nella stanza da letto della zia Bruna e aveva detto: «Bruna, come stai, perché piangi così», e la zia Bruna aveva detto che non stava piangendo ma era da due ore che leggeva Il bravo soldato Švejk e le scappava tanto da ridere che non riusciva a respirare.
E poi mi è venuto in mente una cosa che leggevo un po’ di tempo fa, quando andavo in giro a presentare un romanzo che si intitola Mi compro una Gilera, (parte finale di un proverbio parmigiano che dice «Putòst che tor moiéra, am còmpor na Gilera»), e questa cosa cominciava così: «Riassumere un romanzo, dare in poco tempo l’idea di quel che c’è dentro mi sembra molto difficile. Un po’ come scriverne la quarta di copertina. Io ho come l’impressione che in un libro, in un romanzo, in qualsiasi romanzo, mi viene da dire, la cosa più importante, la sostanza, del libro, non sia scritta, perché non è possibile scriverla. La sostanza la deve tirare forse fuori il lettore, e credo che venga fuori dall’equilibrio tra le parti, che è come un equilibrio di forze, come dei vettori che partono da una parte e vanno ad un’altra e disegnano come delle linee. Per fare un esempio, che forse banalizza un po’ la faccenda, che è complicata, se prendiamo Il bravo soldato Švejk, il romanzo di Hasèk, nella quarta di copertina italiana si legge: «Nel bravo soldato Švejk i lettori di tutto il mondo hanno riconosciuto un eroe sovrannazionale, il campione di un irriducibile pacifismo e antimiliatrismo e un simbolo dell’inalienabilità dei diritti dell’individuo contro ogni tutela e usurpazione dittatoriale». E effettivamente, a pensarci, quel libro lì è un libro che distrugge la guerra, l’idea stessa della guerra e della gerarchia militare, e dimostra che la guerra e la gerarchia militare sono assurde e insensate. Per scriverlo, credo che Hasèk abbia dovuto tenere conto di alcune regole, una delle quali deve essere stata questa: «Non dire mai che la guerra e la gerarchia militare sono assurde e insensate. E non dire mai che Sc’vèik è il campione di un irriducibile pacifismo e antimiliatrismo e un simbolo dell’inalienabilità dei diritti dell’individuo contro ogni tutela e usurpazione dittatoriale».
E dopo sono andato a cercare un passo in cui Hrabal parlava del Bravo soldato Švejk paragonandolo a America, di Kafka, e l’ho trovato a c’era scritto: «Ambedue i romanzi si basano sull’autobiografia, gli autori sono ambedue nati a Praga lo stesso anno e morti lo stesso anno, e probabilmente non si incontrarono nemmeno una volta nella Praga relativamente piccola di allora oppure non ebbero motivo o possibilità di incontrarsi. L’eroe kafkiano segue la via della grande esistenza, la via dei valori in tempo di pace, l’eroe haskiano è portato in guerra contro la sua volontà, come Ulisse, tuttavia partecipa alla guerra e scopre l’insensatezza non soltanto della guerra, ma anche della monarchia absburgica. Il romanzo di Kafka è scritto in uno splendido tedesco, con grande cura stilistica, è un romanzo in forma di goccia; il romanzo di Hašek è scritto alla maniera picaresca, in forma di treno accelerato locale. Ambedue i romanzi sembrano commissionati dallo spirito stesso dei tempi, nascono quando sono maturate trasformazioni trasecndentali, e sembrano ricopiati».
Poi avrei voluto mettere dentro qualche citazione dal libro, e ho già scritto tanto che ce ne sta solo una: “Il sergente furiere chiese con un certo interesse: «Švejk, quanto pensa che durerà ancora la guerra?». «Quindici anni, – rispose Švejk. – È una cosa alquanto ovvia, perché già una volta c’è stata una guerra di trent’anni, e noi adesso siamo intelligenti più o meno il doppio rispetto a prima, per cui: 30 : 2 = 15»”.
E poi avrei voluto anche dire che questo libro, adesso che la gente comprava dei regali di Natale, era forse il libro da regalare per Natale, però a leggere tutte queste cose è andata a finire che la recensione l’ho scritta il 31 dicembre, quindi non lo dico.