Due risposte di Georges Perec
Scrivere, per me, è un modo di riorganizzare le parole del dizionario. O i libri che ho già letto. Abbastanza banale, come vede.
Non tanto: quasi tutti scrivono per cambiare il mondo…
Quello è un altro paio di maniche! Dunque, dicevo, all’inizio ci vuole una certa disponibilità nei confronti di un insieme. Di un catalogo, di un corpus. Si hanno a disposizione un certo numero di elementi e con questi si deve costruire qualcosa. Il primo lavoro che si rende necessario è una ridistribuzione, una riorganizzazione, quindi una disponibilità. Voglio dire che non ci si può accontentare di forme fisse, di modelli dati, di congegni prestabiliti. Da un certo punto di vista: «D’amore morir mi fanno, bella marchesa, i vostri begli occhi»(3), è l’inizio della letteratura. Il risultato non è eccelso, ma il procedimento è lo stesso: quando M. Jourdain capisce che, sebbene il senso resti lo stesso, l’effetto «poetico» della sua frase cambia con l’ordine delle parole, scopre la letteratura. E credo che il primo metodo che si può utilizzare, per arrivare a questa consapevolezza, sia il gioco. Ecco cosa unisce il fatto che amo giocare con il fatto che amo scrivere. La vita istruzioni per l’uso è nato dall’idea di un puzzle. Il puzzle ha fatto nascere un uomo che fabbricava puzzle. E l’intero libro è venuto su come una casa le cui stanze si dispongono come i pezzi di un puzzle. E tutto questo ha dato una macchina per raccontare molte storie.
(3) Molière, Le bourgeois gentilhomme
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