Di cui veniva riportato l’orecchio
Per gli indios la colonizzazione segnò la fine. Ci furono le prime scaramucce per i montoni o la terra, e gli estancieros misero una taglia, una sterlina per ogni indio morto di cui veniva riportato l’orecchio. In Patagonia si cominciarono a vedere parecchi indios con un orecchio in meno, e ai cacciatori fu chiesto di presentarsi con la testa. C’era chi li uccideva per mestiere e chi, come ‘El Rey del Rìo Grande’, il fattore scozzese di Menéndez, li uccideva per ‘eutanasia’, convinto che gli indios fossero destinati a scomparire e tanto valeva accelerare. «Noi facemmo il possibile, – mi disse il conservatore del museo salesiano di Punta Arenas mentre camminavamo nei depositi del sottoscala pieni di punte di frecce, pelli di guanaco, canoe, animali impagliati e vertebre di balena, – ma non c’era granché da fare. Morivano di morbillo e varicella, malattie portate dai bianchi. Erano strani, un giorno, nel 1933, se ne presentò uno, era vestito come lei ma era un Ona, e per una settimana mi aiutò a riordinare gli oggetti appartenuti al capo Adàn». Poi il conservatore disse che c’erano ancora una trentina di Alakaluf custoditi in una base nell’isola di Navarino. Erano arrivati i giapponesi a studiarli un paio d’anni prima perché avevano scoperto che gli indigeni fuegini discendevano dal loro stesso ceppo, proveniente dallo stretto di Bering. Alla nascita, come loro, hanno una macchia azzurra sul sedere.
[Daniele Del Giudice, Orizzonte mobile, Torino, Einaudi 2009, pp. 77-78]