Della città
Hai detto bene, «La musica della città». Quand’ero bambino o ragazzo, camminavo per le strade e sentivo il milanese. Forse non avrei mai scritto in milanese, se non ci fosse stata questa simbiosi con la musica della città. C’era anche chi parlava in italiano, specialmente nel dopoguerra, ma ovunque sentivi la voce lombarda, con la sua ironia, quei toni un po’ rauchi, anche nello straparlare italiano. Una lingua parlata da gente che, come ha scritto Delio Tessa, era «più attenta ai suoni che ai significati», una lingua che ti entrava dentro con i luoghi, con le facce delle persone, con la spinta morale che distingueva la città. Io, poi, abitavo in una zona di immigrati e tra noi si parlava italiano, ma la forma del dire e del sentire, tra noi bambini, erano già quelli del milanese. Ne parleremo ancora.
[Franco Loi, Da bambino il cielo, a cura di Mauro Raimondi, Milano, Garzanti 2010, p. 77]