Così Riemer
I tedeschi mi venerano, benché io sia per loro pernicioso come nessun altro, e per secoli. Kräuter garantisce che Goethe ha fatto questa dichiarazione con assoluta calma. Per tutto il tempo ho avuto l’impressione, così Riemer, che Goethe, finendo per legarsi a Kräuter, si sia preso come ultimo infermiere un attore del Teatro Nazionale, e ho pensato, davanti allo spettacolo di Kräuter che recitava così la sua parte al fianco di Goethe, premeva sulla fronte di Goethe la pezza umida, se ne stava lì mentre Goethe diceva: io sono l’annientatore di quanto è tedesco! e subito dopo: ma non mi sento affatto in colpa!, spostava la mano di Goethe, poiché lui stesso non aveva più la forza per farlo, un po’ più in alto sulla coperta, seguendo il proprio senso estetico, di Kräuter s’intende, così Riemer, e tuttavia senza che le mani di Goethe risultassero congiunte come quelle di un morto, cosa che perfino Kräuter doveva trovare di cattivo gusto, detergeva infine con un fazzoletto una stilla di sudore sul volto di Goethe e in generale ostentava una disgustosa sollecitudine destinata quanto meno a umiliare lui, Riemer, se non a ferirlo a morte: ho pensato che forse proprio a uno spirito quale Goethe, che dobbiamo alla fin fine concepire come grande, probabilmente addirittura come il più grande in assoluto, si addicesse l’indegnità di Kräuter, capace ancora di esaltare al massimo la propria bassezza e ciarlataneria giusto in rapporto a una grandezza spirituale come quella di Goethe, una volta che essa sia giunta al termine. Fino al grado estremo del tradimento, così Riemer.
[Thomas Bernhard, Goethe muore, traduzione di Elisabetta Dell’Anna Ciancia, Milano, Adelphi 2013, pp. 33-35]